L'istituto dello Yad Vashem
La nuova metodologia nella didattica e nella pedagogia della storia della Shoah
di Antonella Tiburzi
Abstract
Antonella Tiburzi reports Yad Vashem's new trends in didactics of the Holocaust during her last trip in Israel.
L’Istituto per
gli Holocaust studies “Yad Vashem” di Gerusalemme, propone ogni anno diversi
corsi, seminari presso la sua prestigiosa scuola, in grado di formare in modo
completo, migliaia di docenti, studiosi, educatori, bibliotecari o semplici
studenti o interessati alla materia “Shoah” provenienti da tutto il mondo.
L’obiettivo essenzialmente consiste nell’evidenziare attraverso una serie
infinita veramente di altissimi strumenti pedagogici o didattici, i differenti
approcci alla tematica storica di base. I docenti oggi devono affrontare questo
fondamentale argomento sia in ambito europeo che mondiale e devono saper
conoscere tutti gli strumenti adatti alla sua presentazione, formazione e
educazione. Uno degli aspetti infatti
che generalmente possono incontrare e ostacolare l’insegnamento riguardano la
universalizzazione della Shoah, l’inaccurata comparazione o parallelismo nei
più diversi contesti e eventi storici o la mancanza di progetti in grado di
attualizzare il tema negli studenti del 21° secolo.
Negli ultimi
tempi infatti si sta assistendo ad un crescente antisemitismo, di natura
popolare ma anche politico, che necessita una urgente presa di coscienza nel
mondo della scuola, dell’università e negli istituti di cultura storica. La
nuova pedagogia intende superare anche le questioni che hanno affossato e
replicato il dibattito ma non hanno trovato soluzioni in grado di gestire tali
questioni. Una asserzione che emerge da qualche anno riguarda l’annosa
constatazione in merito alla progressiva scomparsa dei superstiti certamente
sia nell’ambito dell'antisemitismo che nella odiosa espressione dei
negazionismi o revisionismi presenti ovunque nel mondo. La nuova didattica
storica intenderebbe abbandonare la affannosa corsa che prevede il dover continuamente
rammentare al mondo che la storia della Shoah è intoccabile e inconfutabile e
che non è con la perdita dei sopravvissuti che questa granitica documentazione
esistente a cui si deve fare sempre riferimento per la produzione di saggi,
articoli o sillabi in grado di formare in ambito storico gli studenti ma anche
i docenti, possa perdere di valore.
L’innovazione
rappresenta essenzialmente nell'insegnare che il negazionismo o il revisionismo
è sempre esistito pertanto non è con la scomparsa di sopravvissuti che potrà
acutizzarsi o essere più proliferante. Le affermazioni o le considerazioni
storiche, politicizzate, dei negazionisti non si sono mai frenate o arrestate
anche di fronte ai superstiti stessi pertanto non si reputa la scomparsa dei
superstiti come un pericolo dell’inasprimento dell'antisemitismo, del
revisionismo o del giustificazionismo. L’ elemento topico da sviluppare
consiste piuttosto nel mostrare e spiegare la funzione formativa dei documenti
storici, considerando di grande rilievo sia la fonte dell’apparato nazista
quando la pubblicistica della memoria dei superstiti e non necessariamente confrontarla
con le affermazioni, scritte o orali, prive di riferimenti archivistici o
documentaristici dei negazionisti.
La
trasformazione degli strumenti didattici usabili in classe ha contribuito a
dare un enorme aiuto alla completezza della lezione stessa. Una stretta interpretazione della Shoah come
evento storico combinato con le discipline concomitanti e affini e l’uso delle
tecnologie educative del XXI° secolo, sono fondamentali sia per la formazione
storica che per la preservazione di questo specifico evento storico.
Tra
i compiti dello storico ci sarebbe quella di perseguire il proprio
apprendimento e di incoraggiare e sostenere i colleghi in questa ricerca.
Ispirato agli importanti feedback che ricevono regolarmente dagli studiosi,
questa metodologia offre l'opportunità di approfondire diversi temi con altri esperti
della formazione e di confrontarsi con colleghi di tutto il mondo al fine di
sviluppare una collettività di studiosi.
L’innovativa
formazione viene offerta anche in occasione delle varie conferenze sempre organizzate
dalla Scuola di Yad Vashem, in grado di fornire nuovi modelli che possono
ispirare nuove lezioni e programmi attraverso l’uso di strumenti pedagogici più
aggiornati e le risorse digitali in abbinamento con la ricerca più
contemporanea nel settore.
Tra i tanti
criteri formativi, scolastici ma anche accademici che si possono organizzare
insieme con gli altri specialisti, è un uso multidisciplinare dello
studio della Shoah.
Un primo
strumento che è stato adoperato e che ha creato non poche reazioni, di assenso
e dissenso nella comunità degli studiosi, e stato l’uso delle fotografie intese
come strumento didattico, concreto e altamente usufruibile nelle classi di
formazione storica. L’utilizzo delle fotografie scattate dai nazisti in pieno
svolgimento della Shoah viene intesa come fonte storica di potentissimo livello
e di rilevante impiego nella didattica e nel sillabo di storia. Il dibattito
tra gli storici o gli insegnanti che partecipavano ai nostri corsi ruotava
intorno alla fattibilità dell’uso della fonte nazista o fascista. Come era l’occhio nazista verso l’individuo
da annientare? Che tipo di
informazione voleva dare al momento della pubblicazione, seppur per uso
interno, delle foto che scattava? Ma soprattutto, questa fonte primaria, è
attendibile come un libro di storia o un documento dell’amministrazione
nazista? La risposta è arrivata dopo una accurata ma anche intensa
discussione: si, si può usare la fonte nazista fotografica esattamente come
quella presente nelle carte e nei documenti. A questo stesso dibattito si è aggiunto
anche quello relativo alle fotografie scattate invece dai liberatori. Spesso le
immagini di cadaveri di uomini, donne e bambini accatastati che formano mucchi
di corpi emaciati mostrano in realtà un occhio simile a quello dei nazisti dal
momento che ugualmente infieriscono
sulla dignità dell’assassinato che, impossibilitato oramai a replicare, si
trova ad essere ripreso nella sua più totale assenza di umanità. Ciò che ovviamente distingue i due rapporti sta,
naturalmente, nell’utilizzo di queste immagini. I liberatori dovevano mostrare
al mondo, spesso in occasioni dei vari processi contro i nazisti, cosa il
nazionalsocialismo aveva fatto all’uomo, mentre i fotografi delle SS dovevano
dimostrare l’effettiva realizzazione dello sterminio nei lager dove erano di
stanza.
Si è precisato
infatti che la multidisciplinarietà dello studio della Shoah rende possibile la
creazione, in ambito strettamente pratico, di un sillabo che potrebbe essere
realizzato in una modalità totalmente nuova rispetto agli altri programmi di
storia svolti negli anni passati, proprio grazie ad una costellazione di fonti,
strumenti, documenti, testimonianze parallele, mezzi multimediali possibili,
video e programmi computeristici in grado di sviluppare i più diversi criteri approcci
pedagogici.
Un’altra
caratteristica della nuova formazione interessa tuttavia anche le nuove proposte
al tema «Shoah» negli anni 2000. Va da sé che gli ultimi anni gli storici non
possono rimanere indifferenti soprattutto quando si apprestano a creare
programmi formativi in grado di far conoscere e studiare il passato ma anche di
far sapere come individuare i passaggi storici a cui stiamo assistendo nei
tempi contemporanei.
Essenzialmente
oggi lo studio della storia della Shoah deve essere distinto e scevro da
possibili, e sempre in agguato, travisamenti o peggio ancora dai sempre più praticati
confronti o parallelismi a cui si aggiunge anche un linguaggio accomunante e
disastrosamente omologante che normalmente produce un danno enorme dal punto di
vista formativo. Lo studio storico della catastrofe ebraica deve essere
assolutamente liberato da qualsiasi forma di accostamento simmetrico con un
qualsiasi altro evento storico al fine di proteggere non solo la sua unicità ma
anche le peculiarità degli altri episodi della storia. Questa scrupolosa
attenzione interessa sia le vittime che i carnefici. Questi ultimi infatti,
ancora oggi, vengono spesso stigmatizzati o disposti in altre situazioni o
avvenimenti moderni in modo da ridurre le loro oggettive tipicità e prerogative
del passato.
La questione
essenziale che emerge è la seguente: si
tratta di una questione ancora rilevante nel XXIº secolo?
L'implementazione
dei nuovi strumenti e delle risorse pedagogiche per l'insegnamento della Shoah
dello Yad Vashem viene curato da sempre dalla grande pedagoga storica Shulamit
Imber. Esso prevede innanzitutto una analisi precisa, aggiornata e cronologica
della seconda guerra mondiale studiando anche un’area che spesso viene
trascurata, ovvero quella dell’Africa settentrionale e dell’antisemitismo in
quell’area non solo in occasione delle battaglie del 1942 ma anche e soprattutto
nel periodo precedente la formazione dello Stato di Israele. I pogrom di
Tripoli e in Libia verso gli ebrei durante e dopo la guerra possono essere un
aspetto nuovo da inserire in un sillabo o in un programma seminariale. Un
approccio quindi totale ma non totalizzante del tema può aiutare a rendere
questo evento come un paradigma formativo simile all’assunto di Jean Amery secondo
cui la Shoah è stata la madre più feconda
di tutti i genocidi avvenuti nel ‘900.
Un altro aspetto
interessa anche la memoria della storia nella didattica in una questione
centrale come: «Auschwitz nella coscienza collettiva in Europa». Quel posto … (secondo la definizione
di David Grossmann) può interessare ancora il mondo della didattica e può
essere visto come un paradigma del male assoluto? Inizialmente è emerse che se
attualizziamo la storia del 1900 in realtà notiamo la presenza di molti altri luoghi/paradigmi
che possono essere usati per conoscere il potere e il significato del male
assoluto: Srebrenica, Kigali, Buenos Aires, Cernobyl e altre topografie sparse
nel mondo. È emerso tuttavia che Auschwitz rappresenta un archetipo nella sua
interezza, fattualità e memoria a lungo raggio e ampiezza storica, letteraria,
sociale e politica. Quest’ultimo aspetto in particolare è stato segnato da un
evento che ha coinvolto la comunità internazionale degli storici che hanno
studiato allo Yad Vashem. Nel 2004 la sottoscritta ha partecipato alla formazione
per studiosi della Shoah insieme ad altri docenti e ricercatori da tutto il
mondo. In occasione dei vari lavori di gruppo, ha avuto la fortuna di conoscere
Adam Pulaswki, uno storico polacco di Chełmo. Nel corso degli anni Adam è
diventato il direttore dell’Istituto storico di Chełmo e ha fondato un altro
istituto di grande rilevanza nazionale polacca ma anche europea: il “Centro per
le relazioni ebraiche polacche”. La sua attività sia come storico che come
ricercatore sono state sempre di grande rilievo. Il prof. Pulawski non si è mai
sottratto dall’esporre critiche al revisionismo storico del suo paese soprattutto
quando ha avviato un processo sociale e storico di deresponsabilizzazioni in
merito alla Shoah in Polonia. Per questa ragione, in conseguenza delle nuove
leggi in materia Auschwitz e dintorni,
emanate dal governo conservatore polacco, Adam è stato praticamente estromesso dal
suo incarico di direttore. La comunità di studiosi di Yad Vashem, di
conseguenza, si è subita attivata per sostenere la sua causa ma soprattutto per
appoggiare la sua statura di specialista e ricercatore. Si inserisce al proposito
solo uno stralcio della comunicazione indirizzata all’Institute of National Remembrance di Varsavia da parte di tutti noi studiosi.
«Noi,
la comunità degli studiosi dello Yad Vashem (2004) scriviamo questa lettera in
supporto del nostro collega, storico e docente sulla Shoah, Dr. Adam Pulawski. Noi
siamo sconcertati della recente decisione del vostro istituto di trasferire il
Dr. Pulawski in un altro ufficio al fine di sopprimere il buon lavoro che ha
svolto finora impedendogli di fatto di portarlo avanti e di pubblicare i suoi
recenti lavori. Si tratta ovviamente di una decisione finalizzata a punire la
sua non adesione alle linee governative in materia di studi sulla Shoah e la
sua linea educativa in Polonia.
La recente legislazione del governo polacco
riguardante le singolari modalità con cui si può parlare di Shoah, hanno dato
nuova vita a un'ondata inquietante di antisemitismo normalizzando perfino ciò
che è mai stato normale e rendendo l'odio verso gli ebrei socialmente accettabile
quando non addirittura lodevole. Se gli storici tutti seguissero questa
legislazione, si rischierebbe sostanzialmente, esattamente come vuole il
governo, di dissimulare la storia. Siamo sconvolti che l'Institute of National
Remembrance appoggi una visione revisionista del ruolo della Polonia nella
Shoah.
Né il dott. Pulawski né alcun altro studioso serio
dichiarerebbe che tutta la Polonia è stata complice dei perpetratori ma emanare una legislazione
che trasformi in un crimine il riconoscimento di tale oggettiva
complicità è un affronto e
un insulto alla storia.
La ricerca del dottor Pulawski su argomenti specifici
all'interno del più ampio campo
degli studi sull'Olocausto, in particolare le relazioni tra ebrei e polacchi
durante la seconda guerra mondiale, è stata e continua ad essere importante per
la formazione storica di molti studiosi o studenti.
Come studiosi, ricercatori e educatori della
catastrofe ebraica, non possiamo non affermare con forza quanto sia pericolosa
la recente legislazione del governo polacco. Nascondere la storia non vuol dire
negarla. Questa legislazione può servire solo a
promuovere il tipo di idee pericolose simili a quelle che fornirono un terreno
fertile alla Shoah.
In sostanza
questo spiacevole evento ci ha portato a pensare quanto sia necessaria tuttavia
sempre una sorta di tutela della storia della Shoah del suo oggettivo passato e
nella sua presente elaborazione.
Alcuni docenti hanno fatto emergere la necessità di
iniziare a trattare il tema Shoah sin
dalla scuola primaria attraverso un uso attentissimo degli strumenti didattici.
La reazione dei rappresentanti dello Yad Vashem Institute è stata inizialmente
critica nei confronti di questa proposta dal momento che l’ammissione nel suo
museo, ad esempio, è vietata fino ai 16 anni. Alcuni docenti invece hanno
dimostrato l’attuabilità di tale insegnamento grazie ad un uso essenziale delle
fonti letterarie oltre a quelle storiche. Si è trattato in sostanza di insegnare
il trauma dello sterminio senza traumatizzare ne l'insegnamento della Shoah né i
bambini. Per fortuna la memorialistica rende possibile raccontare non tanto solo
la storia della Shoah, quanto le storie qualitative dei sopravvissuti alla
Shoah. Non si vuole per questo dare un’immagine edulcorata dell’evento, quanto
piuttosto si vuole rappresentare un avvenimento che ha avuto anche elementi
positivi prima, durante e dopo
l’accadimento. Si è discusso alla fine sull’uso o meno delle immagini in questa
pedagogia dal momento che possono essere o incomprensibili o eccessivamente
impressionanti andando a disturbare in entrambi i casi sia la fase di interesse
e che di apprendimento. Di conseguenza si è convenuti in merito al fatto che la
lettura del libro di memorie dei superstiti rimane una fonte altamente fruibile
e formativa.
Nelle
ultime discussioni si è affrontato l’argomento storico relativo al periodo post
Shoah. Il confronto si è focalizzato essenzialmente sulla descrizione delle
possibili ramificazioni situate nella fase contestuale e successiva alla
liberazione. Si è trattato di nominare le immediate e irreparabili difficoltà a
cui i superstiti hanno dovuto far fronte inclusa la “accettazione” della
perdita della propria famiglia, amici o membri della propria comunità ma anche,
nello stesso tempo, lo sforzo nel cercare di ritrovarli. Ovviamente il tema è
stato approfondito analizzando l’evento storico della formazione dei Displaced Persons camps. La sottoscritta
ha ampiamente illustrato la condizione dei profughi ebrei in Italia dal 1945 al
1948 mostrando le carte degli alleati e quindi evidenziando l’aspetto
organizzativo nonché la visione che hanno avuto i sopravvissuti immediatamente
dopo e poi nel corso del tempo. A questi elementi si è aggiunta la
ciononostante dolorosa incertezza dei superstiti sul come e sul quando
rientrare nella società civile per poter poi ricostruire le
loro vite. Ovviamente in questa specifica analisi sono stati determinanti i
contenuti e i messaggi presenti nel Visual History Testimony Center, ovvero il
dipartimento di Yad Vashem per la consultazione di tutto il materiale possibile
audiovisivo. Le
testimonianze rese dai superstiti sono infinite e possono toccare tutti i punti
cardinali dell’Europa. In particolare le ultime pubblicazioni hanno evidenziato
la tendenza a lavorare sull’aspetto qualitativo dello sterminio trattando essenzialmente
le storie delle singole comunità ebraiche attraverso la fonte primaria e
secondaria dei noti די זיקאָרן ביכער, Di zikorn bikher (in yiddish) ovvero i “Libri della Memoria” delle comunità
annientate. Essi sono stati scritti solitamente dai superstiti trasferitesi in
Israele e che hanno raccolto una vastità di notizie, informazioni storiche e
qualitative sulla loro città, sui loro Shtetl, le comunità o i villaggio. Questi
testi sono ora oggetto di studio da parte degli storici di tutto il mondo. La
sottoscritta ha potuto mostrare il suo lavoro sulla comunità di Brody in
Galizia e ha sottolineato l’uso della fonte del Bryods zikorn bikher ( בריאָדס זיקאָרן ביכער
) ovvero il Libro della Memoria di
Brody realizzato dai superstiti che vivono nel paese.
In ultimo le novità relative alle diverse possibilità
e opportunità di insegnare hanno evidenziato in particolare l’apertura di Yad
Vashem ad ospitare gruppi o classi di docenti veramente da tutto il mondo,
perfino dalla Cina, in grado di presentare le modalità di didattica legate al
proprio territorio dal punto di vista politico, sociale e economico e su questa
base confrontarsi con la scienza
dell'insegnamento israeliana relativa alla storia della Shoah. Questa
ampiezza offrirà sicuramente delle straordinarie possibilità di crescita in
ambito scolastico, accademico, formativo ed educativo utile a estendere i
rapporti con gli altri paesi e destinata al miglioramento dell’apprendimento e
della pedagogia storica.