Kadya Molodowsky, Ikh bin a vandermejdl
"Free Ebrei", III, 2, dicembre 2014
Kadya Molodowsky, Ikh bin a vandermejdl
a cura di Alessandra Cambatzu
Abstract
Alessandra Cambatzu translates into Italian some poems by Kadya Molodowsky, the big Yiddish poetess of the last century.
Cenni biografici
Kadya (Kadye in yiddish) nacque nel 1894 in Bielorussia a Bereza Kartuska, nella provincia di Grodno, allora situata nella Zona di residenza ebraica russa. Il padre Isaac era un insegnante di Talmud e di ebraico, fervente sionista, influenzato dalla Haskalah, l'illuminismo ebraico; la madre Itke, colta e aperta, era commerciante. La nonna, Shifre, si era mantenuta facendo l'insegnante ed era orgogliosa della propria indipendenza. Le figure femminili della famiglia, straordinariamente forti, ebbero una profonda influenza su Kadya. La nonna, il padre e alcuni insegnanti privati russi fornirono alla ragazza una preparazione così buona che poté, all'età di diciassette anni, superare gli esami ginnasiali da esterna e diventare a sua volta docente. Un anno dopo ebbe la sua prima cattedra a Sierpc nella Polonia russa. Lì scoprì l'ebraismo polacco e si appassionò alle opere dei poeti Mickiewicz e Słowacki. Determinante fu una visita a un zia a Białystok: affascinata dai giovani intellettuali che parlavano disinvoltamente in ebraico, decise di trasferirsi a Varsavia e diventare insegnante d'ebraico sotto la guida di Yehiel Halperin, ebraista e convinto sionista. Gli anni della Prima guerra mondiale furono particolarmente duri: Kadya conobbe la violenza, la fuga e la fame.
Nel 1916 si trasferì a Odessa dove Halperin aveva trasferito il suo insegnamento e dove Kadya diventò direttrice di un asilo. Dopo lo scoppio della Rivoluzione d'Ottobre si spostò a Kiev dove insegnò per due anni ed ebbe tra i suoi allievi anche orfani sfuggiti ai pogrom, esperienza che era toccata anche a lei. Cominciò a farsi conoscere come poetessa: der Nister, pseudonimo di Pinchas Kahanowitch, e Dovid Bergelson, furono suoi convinti sostenitori e Bergelson divenne il suo mentore. Il 1920 fu un anno particolarmente importante: pubblicò due liriche sulla rivista “Eigns” (La proprietà) e sposò lo storico comunista Simche Lev.
Tra il 1921 e il 1935 la coppia visse a Varsavia con alcune interruzioni, tra cui un soggiorno al sanatorio di Otwock, nei pressi della città e un viaggio a Parigi.
A Varsavia la Molodowsky lavorò in due scuole contemporaneamente, al mattino insegnava yiddish ai bambini e di sera dava lezioni di ebraico. Entrò a far parte dell'Associazione degli scrittori yiddish e venne a contatto con gli esponenti più importanti della scena culturale ebraica varsaviana, tra cui i fratelli Singer, Moyshe Kulbak e Rokhl Korn, con cui strinse un'amicizia che sarebbe durata tutta la vita. Svolse in quegli anni una molteplice attività letteraria, scrivendo saggi, recensioni e, naturalmente, poesie. Tra il 1927 e il 1935 uscirono le raccolte Chesnwendike necht (Le notti di Cheswan)1 e Mayselech (Storielle) e, successivamente, Dhzike gas (La strada di Dzika)2 e Freydke (L'amico)3. I suoi articoli erano spesso pubblicati nei “Literarische bleter”, rivista fondata da Nachman Mayzel, un conoscente di Molodowsky dei tempi di Odessa, che divenne uno degli organi più importanti della cultura yiddish. Tra il 1925 e il 1935 pubblicò liriche, saggi e recensioni, scagliandosi contro l'etichetta riduttiva della frojen dichtung, la poesia delle donne e la letteratura dozzinale, sostenendo i lavori di Bergelson e J. Leyb Perets. Si schierò definitivamente con il partito comunista, al fianco del proletariato e in particolare dei bambini. Appoggiò l'idea di una letteratura yiddish impegnata senza però scivolare nel dogmatismo. A metà anni '30 fu responsabile delle pagine culturali del quotidiano comunista Frajnd nel quale lavorava anche il marito, Simche Lev. Nell'estate del '35 Molodowsky emigrò negli U.S.A. I motivi di questo passo restano tuttora sconosciuti, ma sono probabilmente legati a un'attività politica che le procurava non pochi problemi insieme al fatto che, la sua indole polemica, l'allontanamento dal sionismo e il suo impegno nei confronti dello yiddish e della vita della diaspora, le avevano procurato non pochi nemici. Il marito la raggiunse solo nel 1938, dopo molte difficoltà.
Stabilì il suo domicilio a New York, cuore della vita yiddish americana, ma ben presto l'America la deluse: nonostante le si offrissero possibilità infinite rispetto all'Europa, sentiva che l'ebraismo americano, e in particolare la cultura yiddish, avevano qualcosa di frammentario e dispersivo. Questo senso di estraneità è evidente nella raccolta In land fun mayn gebeyn (Nella terra delle mie ossa) del 1937 così come nel romanzo di Fun Lublin biz Nju-Jork: togbuch fun Rivke Zilberg (Da Lublino a New York: diario di Rivke Zilberg).
A partire dal 1939 l'incertezza e la disperazione per la sorte degli ebrei in Europa minarono sia la psiche che il corpo della poetessa, che scivolò progressivamente nell'autolesionismo, graffiandosi a tal punto le mani da rendere necessaria un'operazione alle articolazioni infiammate. L'ansia e la disperazione di quegli anni sono testimoniate da una delle sue migliori raccolte poetiche: Der mejlekh dovid allejn iz geblibn (È rimasto solo il re David).
I decenni successivi alla guerra furono straordinariamente produttivi, videro infatti la luce storie per bambini (Jidishe kinder [Bambini ebrei], 1945), drammi (come Nokhn got fun midber [Dopo il Dio del deserto], saggi e una raccolta di liriche sulla Shoah (Lider fun churbn [Canti dello sterminio]).
New York fu il domicilio più stabile di Kadya e del marito, a parte gli anni trascorsi in Israele, tra il 1949 e il 1952, ma nonostante i riconoscimenti (grande successo ebbero le poesie per bambini, tradotte in ebraico e diventate molto popolari) sia lo scarso interesse del neonato stato per lo yiddish (sentito a lungo come la lingua del ghetto e della sottomissione) sia le scarse prospettive di lavoro per Simche, fecero sì che la coppia tornasse in America, pur restando fermi e saldi i legami con Israele.
A partire dal 1960 la poetessa rilanciò la rivista “Svive” (L'ambiente) che aveva contribuito a fondare vent'anni prima, conducendola praticamente da sola.
L'ultima raccolta poetica, Licht fun dornboym (Luce del roveto) uscì a Buenos Aires nel 1965 e nel '67, il romanzo Baym Toyer: Roman fun dem lebn in Yisroel (Al varco: romanzo sulla vita in Israele).
Gli anni '60 e '70 videro un'intensa ripresa dell'interesse nei confronti dello yiddish, Kadya tenne numerose conferenze e invitò autori che provenivano dall'Europa orientale. Nel 1971 ricevette il premio Manger in Israele. Morì nel 1975, un anno dopo la scomparsa del marito.
Note
1 Cheswan corrisponde ai mesi di ottobre/novembre nel calendario ebraico.
2 Il quartiere di Varsavia in cui la poetessa abitava con il marito.
3 Letteralmente “gioia”, il termine si riferisce allo stereotipo dell'ebreo deciso a farsi strada a tutti i costi.
Presentiamo qui per la prima volta in traduzione italiana alcune liriche di Molodowsky; su di lei è in preparazione un'antologia poetica a quattro mani (con Sigrid Sohn) per la casa editrice Freeebrei (www.freeebrei.com)
È rimasto solo il re David
Il popolo è fatto a pezzi
ferita, morte
le strade distrutte
le case bruciate
solo il re David è rimasto
con la corona in mano
spento l'eco del corno1
l'ultimo messaggero è caduto
ferita, morte
in cielo si strappano i vestiti
pareti bruciate e distrutte
è rimasto solo il re David
con la corona in mano
il vento ulula tra i nidi distrutti
ferita, morte
le verdi praterie dell'infanzia
le mandrie di pecore
sono distrutte
è rimasto solo il re David
con la corona in mano
il paese è fatto di tombe
ferita, morte
solo un sentiero è fiorito, fresco
quello verso il figlio, il Messia,
di cui ha sognato il popolo, che ha venerato
lì cammina in lutto il re
con la corona in mano
egli porta l'eredità benedetta
ferita e morte
questo il tuo diadema Messia
tutte le perle risparmiate, non consumate
questo il tuo diadema Messia
nelle ultime due mani ebraiche.
Dio misericordioso
Dio misericordioso,
scegli un altro popolo
per il momento.
Siamo stanchi di soccombere e morire
non abbiamo più preghiere
scegliti un altro popolo
nel frattempo
non abbiamo più sangue per essere sacrificati
la nostra casa è diventata un deserto
la terra è insufficiente per le nostre tombe
nessun elegia più per noi
nessuna lamentazione
nei vecchi libri.
Dio misericordioso,
santifica un'altra terra
un'altra montagna.
Abbiamo ricoperto tutti i campi e ogni pietra
con la cenere, con cenere santa.
Con i giovani,
con i vecchi,
con i bambini abbiamo pagato
ogni lettera dei tuoi Dieci Comandamenti.
Dio misericordioso,
solleva i tuoi ardenti sopraccigli
e guarda i popoli del mondo
da' loro le profezie e i giorni di contrizione.
In ogni lingua si balbetta il tuo nome
insegna loro le azioni,
le vie della tentazione.
Dacci ruvide vesti
di pastori con le loro pecore.
Di fabbri con i martelli,
di lavandaie, di conciapelli
o anche più ordinari.
Ancora una grazia:
toglici la Divina Presenza della genialità.
(Der meylekh dovid aleyn iz geblibn, È rimasto solo il re David)
Nella terra delle mie ossa
Laggiù dove termina l'orizzonte dei miei occhi
si estende la terra delle mie ossa
impastata accuratamente con dieci dita
sfuggente come un paesaggio attraversato in metrò
incastrato vicino a un bianco ciliegio.
Buongiorno! È un lunedì soleggiato
è un martedì di vento e pioggia
(che miracolo, che piedi umani
possano camminare per tanti giorni e tante strade).
Una casetta lotta con la grigia povertà
come una pianta forte contro la siccità
le porte si aprono sul giorno con un rantolo
si risvegli il gatto, la gallina e l'oca.
Si risveglia la speranza che i cetrioli nel giardino diventeranno verdi
e che una gallina deporrà un uovo.
Mia madre- abile generale - ha ordinato
che nessuno deve volere lo tsimes2 di prugne e il te.
No, no! Chi li vuole?
I cetrioli diventano verdi, il mondo splende.
I piedi tremano di fronte alle corse, a perdifiato, sotto il sole
ecco che arriva un ordine familiare:
guarda l'oca, ma dove si sarà cacciata?
Probabilmente in mezzo all'insalata di Chaim Gedalye.
Tremola il nastro blu nella mia treccia
e la solarità si scioglie in uno sventolio ondeggiante.
Si intersecano l'un l'altra le onde
di tutti i mari che ho attraversato
e mi sembra di aver visto uomini e città
attraverso uno specchio fluido e crepato.
Ho innalzato la mia camicetta di seta come una bandiera
e sono andata nel mondo con una camicia di duro lavoro
sembra che io sia in debito verso tutti
contro di me si levano le peggiori lamentele.
Questo è chiaro
Chiaro come il sole
uno yankee direbbe: okay!
Un lituano: non va bene per niente! Buono solo come vittima sacrificale!
strano come il sole sia nudo, pensare che lo sia.
Nuvole sono sospese su di me
e oscurano un dolce giorno d'estate.
C'è una casetta vicina all'Empire State Building
entrambi si piegano a punto esclamativo.
L' Empire State proteso chiaramente, spavaldo
con le sue alte torri
e iscritto brillante e inatteso
come un fulmine nell'oscurità della tempesta.
- guardami, con le mie alte punte di rame
ho intagliato un erpice nel cielo
e inutilmente tuo nonno con le mani tremanti
ha benedetto la luna!
Guarda, la mia più delicata cornice
con le dita plasmate nella febbre e nel timore
siede, un piede dietro l'altro,
il più grande bastardo di New York?
E la casetta chiede, come al solito, come stai,
e mi chiede tranquillamente:
“nel miele non c'è il veleno delle api”
Correggo questi errori nel paese delle mie ossa
e li testimonio nelle mie pagine.
(In land fun majn gebejn, La terra delle mie ossa)
Otwock3
Sono una ragazza vagabonda
il mio cuore è abituato al desiderio
quando il giorno termina di mangiare la rugiada della notte
alzo la bianca tendina dal vetro della mia finestra
guardo una nuova stradina
attorcigliata in un angolo del mio cuore
che pensiero inquietante:
forse qui nessuno mi vorrà bene
forse qui nessuno mi vorrà conoscere
che Dio ce ne scampi e liberi.
Come la minaccia della pioggia sempre è in sospeso nell'aria
e cade in abbondanza inaspettata sulla terra.
Così è per me ogni città
così è per me ogni nuovo luogo.
E io non conosco la molteplicità del mio corpo.
Ogni anno un nuovo anello cresce in me come su un albero,
come un labirinto sono intessuta di albe e tramonti
il mio cuore è abituato al desiderio.
(Da Otwock)4
Note ai testi poetici
1 Riferimento allo shofar, corno di montone utilizzato soprattutto per rosh hashanah, il capodanno ebraico.
2 Lo tsimes o tzimmes, letteralmente “sottosopra”, è un piatto a base di verdura o frutta stufate.
3 Parte VI.
4 Cittadina polacca non distante da Varsavia, sede di un rinomato sanatorio.
Casella di testo
Citazione:
Kadya Molodowsky, Ikh bin a vandermejdl, a cura di Alessandra Cambatzu, "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", III, 2, dicembre 2014
url: http://www.freeebrei.com/anno-iii-numero-2-luglio-dicembre-2014/kadya-molodowsky-ikh-bin-a-vandermejdl