Giulio Meotti, Muoia Israele
"Free Ebrei", IV, 2, ottobre 2015
Abstract
Giulio Meotti's essay on Israeli conflict's reception in Italian public opinion tries to deconstruct the "myth of Good Italian" in face of a political problem which daily involves the attention of mass media.
Giornalista di punta de “Il Foglio”, Giulio Meotti non manca quotidianamente di affrontare i temi relativi a Israele e all’antisemitismo dilagante in Europa, soprattutto in seno ai ceti intellettuali e alle università. La sua penna è spesso corrosiva, e a ragione, perché è oggi fondamentale rispondere colpo su colpo all’onda di delegittimazione dello Stato ebraico e di sottovalutazione in malafede del terrorismo palestinese. Meotti è autore di diversi libri, tra cui Non smetteremo mai di danzare. La storia mai raccontata dei martiri d’Israele (Lindau) e Ebrei contro Israele (Belforte), in cui critica senza mezze misure l’atteggiamento anti-israeliano (spesso con evidenti accenti antisemiti) degli intellettuali europei, con particolare attenzione a quelli italiani. È proprio l’antisemitismo radical chic quello che Meotti attacca. Non si tratta, però, di qualcosa assimilabile al marxismo d’antan che Tom Wolfe attribuiva ai pochi marxisti americani sopravvissuti, “vecchi, piegati e con i peli sulle orecchie”, ma di un fenomeno molto più diffuso e profondo che sta intossicando soprattutto l’Europa. Si può dire, scrive Giulio Meotti nel suo ultimo libro, Muoia Israele. La brava gente che odia gli ebrei (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2015) che il termine “antisemitismo” sia entrato nell’uso comune come una parola al pari delle altre, perfettamente pronunciabile senza vergogna, come “anticomunismo” o “antifascismo”. Il che dimostra la gravità del fenomeno. Come afferma con estrema precisione Roger Scruton nella sua breve introduzione, “la mentalità progressista, che si identifica sempre con la vittima, si è amalgamata attorno a vecchi sentimenti razzisti nel produrre una nuova e tossica forma di antisemitismo”.
Meotti ripercorre le posizioni di tanti intellettuali europei che, dalla nascita di Israele in poi, hanno mutato radicalmente il loro atteggiamento verso lo Stato ebraico, capovolgendo, spesso per un riflesso condizionato, le valutazioni sugli attori dello scenario mediorientale. Così, il popolo ebraico tornato in Eretz Israel è divenuto l’invasore, mentre gli arabi, che hanno minacciato e minacciano ancora oggi Israele di distruzione, sono divenuti le vittime. Come mai questo rovesciamento del giudizio? Che cosa è intervenuto nella vicenda arabo-israeliana da produrre questo fatto clamoroso? Il “censimento delle coscienze”, di cui parlava Spadolini, ha dato vita ad un esito incredibilmente sfavorevole per Israele.
Ma è proprio incredibile questo esito? Questa è la domanda sottesa a tutto il libro di Meotti. A rileggere attentamente la storia della cultura progressista occidentale per tutti gli anni del secondo dopoguerra non è difficile ravvisare la spiegazione. La cultura occidentale sta procedendo a grandi passi verso la negazione di se stessa, cioè delle sue matrici liberali. E i suoi chierici ne sono i responsabili. Di più: chi non è contro Israele, non è più degno di indossare la divisa del progressista, non può fare parte del club degli illuminati (non di Baviera). Come dice Meotti, “l’antisemitismo oggi non sciocca più. E in Occidente questo è tornato ad essere salonfähig, parola tedesca traducibile con socialmente accettabile”. Un tempo, chi si dichiarava anticomunista era messo all’indice, oggi dichiararsi antisemita sembra aprire le porte della buona società progressista. Un paradosso disgustoso.
Ma torniamo alle ragioni di questa involuzione. Con il dissolversi del colonialismo europeo dopo la seconda guerra mondiale, il cielo del progressismo si tingeva del colore della vergogna; e, nello stesso tempo, con l’esaurirsi del mito del comunismo come creatore dell’“uomo nuovo”, si scopriva l’“uomo nuovo” non più nel proletario, ma nell’uomo di colore: “In tal modo – scrive Pascal Bruckner ne Il singhiozzo dell’uomo bianco – molti progressisti europei divennero altrettante torce viventi della punizione, pronti a immolarsi per riscattare gli obblighi contratti dai loro padri […]. Così si spiega perché l’appoggio si esercitava solo verso i regimi che avevano proclamato apertamente il loro disgusto per la civiltà bianca”, quasi sempre i peggiori regimi del Terzo Mondo. Di conseguenza, Israele cadde nel novero dei peggiori regimi esistenti, perché era il nuovo Stato coloniale che aveva preso il posto dei vecchi colonizzatori europei ai danni degli arabi. Che poi gran parte del mondo arabo abbia parteggiato per il razzismo nazista prima e durante la seconda guerra mondiale, questo era un dettaglio di poco conto, anzi era funzionale al progetto arabo di distruzione della comunità ebraica presente in Palestina.
I sionisti erano i nuovi colonizzatori, la longa manus dell’imperialismo occidentale nel Medio Oriente. E così l’antisionismo, scrive Meotti, divenne il paravento di una nuova e più appetibile forma di antisemitismo, gradito al palato dei progressisti, orfani del comunismo e allevati al culto del terzomondismo riparatore. La processione dei progressisti passati alla religione del palestinismo anti-israeliano rappresenta il cuore del libro di Meotti, che analizza i processi mentali – alcuni dei quali non privi di gustosa comicità – che hanno portato i radical chic europei e americani a sposare il pensiero unico antisemita alla moda.
Il problema che si pone Meotti è il seguente: è veramente un antisemitismo soltanto alla moda? La storia dell’antisemitismo europeo ci insegna molte brutte cose; la Shoah sembra una pagina del passato, da libro di storia. Nonostante le celebrazioni annuali, lo sterminio degli ebrei, oggi, appare surclassato, solo un brutto ricordo. Anzi: “Non c’è niente di più facile che evocare la Shoah per attaccare Israele”, scrive Meotti, perché ora gli ebrei sono i carnefici e i palestinesi i nuovi ebrei. Un’idea che può aprire la strada a pessimi esiti.
Il libro di Meotti centra un problema fondamentale e lo fa con la grande competenza che ha sempre contraddistinto i suoi libri e i suoi contributi giornalistici. Chi è per una conoscenza vera e completa dei fatti mediorientali e della storia d’Israele deve fare riferimento al lavoro di Giulio Meotti, che a breve pubblicherà per Lindau un altro importante libro: Hanno ucciso «Charlie Hebdo». Il terrorismo e la resa dell’Occidente: la libertà di espressione è finita.
Casella di testo
Citazione:
Giulio Meotti, Muoia Israele (recensione di Antonio Donno), "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", IV, 2, ottobre 2015
url: http://www.freeebrei.com/anno-iv-numero-2-luglio-dicembre-2015/giulio-meotti-muoia-israele