Umberto Fortis, La vita quotidiana nel ghetto
"Free Ebrei", III, 2, luglio 2014
Abstract
Umberto Fortis's essay analyzes the literary representation of Jewish daily life in ghettoes from the XXIIIth century to our days.
Umberto Fortis, docente di letteratura italiana e di letteratura ebraica italiana, già direttore della Biblioteca-Archivio Renato Maestro della Comunità Ebraica di Venezia nonché curatore scientifico del nuovo museo ebraico della medesima comunità lagunare, è da sempre stato particolarmente attivo nella pubblicazione di saggi sulla letteratura dell’Ottocento, con una particolare attenzione al campo dell’ebraistica italiana. Ricordiamo, in tal senso, Ebrei e sinagoghe (Venezia 1973); Il ghetto sulla laguna (Venezia 1987); La parlata giudeo-veneziana (Roma 1979); Il ghetto in scena: teatro giudeo-italiano del Novecento (Roma 1989); Editoria in ebraico a Venezia (Venezia 1991); La “bella ebrea”: Sara Copio Sullam (Torino 2003); La parlata del ghetto di Venezia e le parlate giudeo-italiane (Firenze 2006).
Frutto di una lunga meditazione elaborata nel corso degli anni, il testo presenta in forma omogenea una raccolta di saggi (p. 14), alcuni già pubblicati, ma la maggior parte del tutto inediti, attraverso i quali si intende restituire al lettore contemporaneo un quadro sulla vita quotidiana nei ghetti italiani. L’esigenza intellettuale che ha mosso l’autore, chiaramente espressa nella premessa all'opera (pp. 9-14), e comunque già percepita da diversi anni nel mondo dell'ebraistica italiana, è di fornire al lettore «attraverso una rivisitazione, sia pur cursoria, di alcuni testi letterari e liturgici […] un immagine del ghetto diversa, ma complementare alla visione storica tradizionale» (pp. 9-10). Ne esce pertanto un’immagine composita dove all'aspetto «più nobile del 'ghetto' […] fa riscontro la dimensione più quotidiana, animata da “gente meccaniche e di piccol affare” […], impegnata in umili mestieri, sempre in lotta contro la miseria, costretta all'odiato commercio nei banchi di pegno o al mercato dell’usato, la "strazzarìa", spesso coinvolta in interni litigi, inevitabili in un ambiente chiuso e isolato, o in risse e scaramucce nei contatti con il mondo esterno» (p. 12). Un'immagine intima e familiare del ghetto, ma anche caricaturale, che vive attraverso il ricordo dei versi e testi di autori israeliti e non.
Il testo ruota intorno a due sezioni. La prima parte, dedicata alla produzione letteraria di matrice rabbinica, si apre con un commento alla Elegia del 9 di Av, un testo composto nel basso medioevo in giudeo-italiano, ma scritto in caratteri ebraici. Il titolo del poema è già di per sé foriero di sventura e di sentimenti forti perché nomina la ricorrenza di Tisha BeAv (in ebraico תשעה באב), o più semplicemente 9 di Av, che prende il nome dal nono giorno (Tisha) del mese di Av, che nel calendario ebraico corrisponde al mese di luglio-agosto. Si tratta, infatti, di un giorno di lutto e digiuno perché in quella data ricorrono cinque eventi luttuosi per il popolo ebraico: la generazione del deserto prende conoscenza che non vedrà la terra promessa (Numeri 14,23), la distruzione del Primo Tempio da parte delle truppe di Nabucodonosor (586 a.C.), la distruzione del Secondo Tempio da parte delle truppe di Tito (70 d.C.), la sconfitta a Betar degli insorti guidati da Bar Kochba (135 d.C.), la distruzione di Gerusalemme (136 d.C.) e l’inizio della diaspora. La prima parte si conclude, infine, con un excursus sui rabbini e la letteratura nell'età dei ghetti (1570-1750), con particolare attenzione alle figure del rabbino Leone da Modena (1571-1648) e del rabbino, filosofo e cabalista Mosè Luzzato (1707-1746).
La seconda parte è intitolata Tra la scena e la piazza proprio per sottolineare plasticamente il trasferimento di prototipi letterari nel vissuto quotidiano. L’autore affronta inizialmente il tema dell’immagine dell’ebreo così come veicolato attraverso il teatro comico italiano tra il XVII ed il XVIII secolo, partendo dal presupposto che non «sono molte le figure di ebrei che passano sulla scena della commedia colta cinquecentesca e quando vi appaiono o sono personaggi ‘negativi’, capaci solo di truffe e raggiri, o sono i poveri rivenditori ambulanti, oggetto spesso di derisione e di malcelato odio» (p. 135). L’attenzione si sposta infine sulla produzione italiana in versi del XIX e XX secolo.
Il volume si chiude con una sezione riportante la riproduzione di stralci o della prima di copertina di alcune fra le opere citate (pp. 321-337), una breve bibliografia (339-341) e l’indice dei nomi (pp. 343-363). L’opera, qui brevemente presentata, rientra fra quell'attività di ricerca e di studio che vuole avviare un discorso sul ghetto che non lo veda solo come topos di un'umiliante segregazione, ma parimenti come luogo di intensa partecipazione alla vita culturale e politica della società italiana.
Casella di testo
Citazione:
Umberto Fortis, La vita quotidiana nel ghetto (recensione di Vincenzo Fasano), "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", III, 2, luglio 2014
url: http://www.freeebrei.com/anno-iii-numero-2-luglio-dicembre-2014/umberto-fortis-la-vita-quotidiana-nel-ghetto