Antonio Donno, Giuliana Iurlano, Nixon, Kissinger e il Medio Oriente

"Free Ebrei", I, 1, febbraio 2012

Abstract

In this collection of essays, Antonio Donno and Giuliana Iurlano analyze Richard Nixon's foreign policy during the first term and try to understand the the turning point in the Middle East after the 1967 Arabi-israeli war.

Antonio Donno e Giuliana Iurlano, docenti di relazioni internazionali all'Università di Lecce, raccolgono il frutto di una ricerca collegiale dedicata alla politica estera della prima amministrazione Nixon verso la questione mediorientale. Così la quarta di copertina: "Avvalendosi del formidabile contributo di Henry Kissinger, Nixon e la sua amministrazione svilupparono un'azione tesa a preservare le posizioni acquisite nella regione degli Stati Uniti grazie alla schiacciante vittoria di Israele nella guerra dei sei giorni e agli sviluppi successivi che si concretizzarono nel passaggio dell'Egitto di Sadat dalla sfera sovietica a quella americana e che portarono più avanti al trattato di pace tra Egitto e Israele".

Il volume, come detto, raccoglie i saggi di vari studiosi dedicati alla questione mediorientale, in generale, e ai focolari di crisi, in particolare. L'analisi segue di pari passo l'evoluzione della politica estera americana nel passaggio dall'interventismo dell'amministrazione Johnson al realismo politico della "dottrina Nixon", caratterizzata dall'accantonamento della figura di Rogers e della lenta emersione del consigliere Kissinger quale astro di prima grandezza della politica mondiale degli anni Settanta del Novecento.

Giuliana Iurlano apre la raccolta con un saggio dedicato alla questione mediorientale alla luce della svolta del 1969, sottolineando l'emersione della strategia del "linkage" e la politica della distensione tra le due superpotenze all'indomani della "dottrina Nixon".

Antongiulio Esposito si concentra invece sul tema spinoso degli armamenti israeliani a cavallo tra la fine del 1969 e l'inizio del 1970, sottolineando come l'amministrazione Nixon, dopo un'iniziale freddezza, decise di sostenere l'armamento israeliano a seguito della scoperta del coinvolgimento diretto sovietico nei problemi mediorientali. In tal modo si avvalorò la tesi della relazione speciale tra USA e Israele.

Fiorella Perrone si concentra sui rapporti tra USA e Turchia durante la prima amministrazione Nixon. Secondo la studiosa, fu solo con il colpo di stato del 1971 che furono eliminati i maggiori elementi dell'anti-americanismo in Turchia e fu posta la parola fine alla produzione dell'oppio. Il successivo deterioramento dei rapporti diplomatici fu il preludio all'invasione turca di Cipro del 1974.

Patrizia Carrata analizza propria la spinosa questione cipriota. Se è vero che l'obiettivo americano era quello di evitare una "seconda Cuba" mediterranea e un'escalation delle tensioni greco-turco, lo è altrettanto che le omissioni della prima amministrazioni Nixon finirono per ignorare le preoccupazioni turche sulle sorti dell'isola. Fu solo dopo la rimozione totale dell'embargo americano nel 1978 che i rapporti diplomatici migliorarono.

Valentina Vantaggio si concentra sulla fine dei sogni di gloria iraniani durante la prima amministrazione Nixon, quando fallirono i tentativi da parte dello scià Reza Pahlavi di portare avanti un piano di crescita interna e il rafforzamento di una politica di potenza nella regione.

Massimiliano Trentin si occupa della Siria. Nel periodo preso in esame, il paese guidato dal ba'athista al-Asad occupò necessariamente un posto di secondo piano nella strategia mediorientale americana (volta a rafforzare la partnership con Israele), malgrado l'avvicinamento successivo alla guerra dello Yom Kippur del 1973.

Antonio Donno conduce un'analisi del rapporto tra Nixon, Kissinger e lo Stato d'Israele tra il 1969 e il 1973. Lo storico leccese mette in evidenzia i pregiudizi del presidente americano verso l'ebraismo internazionale, la conflittualità latente tra Rogers e Kissinger e la lenta trasformazione della politica estera egiziana successiva all'ascesa di Sadat e alla guerra del 1973, allorquando il Medio Oriente ormai privato dell'influenza sovietica fu visto non più nell'ottica della guerra fredda.

Lucio Tondo si sofferma sulla crisi giordana del 1970, sottolineando come essa rappresentò una svolta per l'amministrazione Nixon nella ridefinizione degli equilibri mediorientali. Kissinger riuscì a mantenere sul trono giordano il moderato e filo-occidentale Hussein, mentre Nixon pose le basi per avvantaggiare uno Stato ebraico filo-americano nella regione.

Bruno Pierri si dedica alle sorti dell'Egitto successive alla morte di Nasser, sottolineando l'indebolimento dell'influenza sovietica e all'emersione di un nuovo partner occidentale nella regione.

Massimilano Cricco compie una rassegna dei rapporti americani con la nuova Libia di Gheddafi, sottolineando l'iniziale favore e la successiva presa di coscienza della pericolosità del raìs nell'economia della regione.

Giuliana Iurlano chiude il volume con un lungo saggio dedicato all'internazionalizzazione del terrorismo palestinese dal 1969 al 1972. La crisi giordana del 1970 determinò un cambiamento di rotta nella politica mediorientale dell'amministrazione Nixon: "Israele divenne un elemento essenziale nella rete di alleanze regionali americane, ricoprendo l'ambito status di strategic asset nell'area mediorientale" (p. 481). I colloqui Kissinger-Arafat del 1972 e la decisione da parte dell'Assemblea dell'ONU di adottare una risoluzione favorevole al terrorismo palestinese segnarono il fallimento dell'idea stessa di comunità internazionale voluta da Wilson e sancirono il bisogno di "tornare al realismo tradizionale della ragion di Stato, della sicurezza nazionale e della tanto aborrita diplomazia segreta, che con Nixon e con Kissinger avrebbe ottenuto col tempo imsperati successi" (pp. 503-504).

Il lavoro è omogeneo per l'area geopolitica e le fonti utilizzate (prevalentemente diplomatiche). La tesi di fondo degli autori è che la convergenza tra Nixon e Kissinger abbia posto le basi per la vittoria della Realpolitik e per la pace tra Israele ed Egitto. Le fonti diplomatiche spesso lasciano adito a questa lettura realistica, proprio perché attente a studiare gli attori del consesso internazionali come "animali" razionali e irrazionali, ma fondamentalmente come portatori di una certa "grandezza" su cui fare affidamento. Chiara è la condanna dell'Idealpolitik di ascendenza wilsoniana, che ha determinato lo sdoganamento di movimenti come l'OLP agli occhi delle Nazioni Unite. Resta solo da chiedersi se l'egemonia americana nell'area mediorientale abbia effettivamente giovato alla risoluzione del conflitto arabo-israeliano e se tale risoluzione sia così importante per la comunità internazionale e - tutto sommato - per i due attori politici in loco.

Casella di testo

Citazione:

Antonio Donno, Giuliana Iurlano, Nixon, Kissinger e il Medio Oriente (recensione di Vincenzo Pinto), "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", I, 1, febbraio 2012

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