Elena Mazzini, L'antiebraismo cattolico dopo la Shoah

"Free Ebrei", II, 1, gennaio 2013

Elena Mazzini, L’antiebraismo cattolico dopo la Shoah. Tradizioni e culture nell’Italia del secondo dopoguerra (1945-1974), Roma, Viella 2012, pp. 200, € 21,50

 

di Paolo Zanini

 

Abstract

Elena Mazzini's essay concentrates on the persistence of anti-Semitic prejudices in post-Holocaust Italy through the analysis of "Enciclopedia Cattolica's" lemma.

In questo recente volume edito per i tipi di Viella, Elena Mazzini prova a far luce su un argomento rimasto a lungo inesplorato da parte della storiografia, in particolare italiana: se e in che modo la tradizione antigiudaica cattolica fu in grado di sopravvivere allo shock rappresentato dalla Shoah e di perpetuarsi nell’Italia del secondo dopoguerra. Come si evince da questa considerazione preliminare, si tratta, dunque, di uno studio pionieristico, su un argomento quasi del tutto inesplorato, se si eccettuano alcuni acuti ma rapidi giudizi di Adriana Goldstaub sul permanere di stereotipie antiebraiche nella pubblicistica popolare cattolica dell’immediato dopoguerra - Appunti per uno studio sui pregiudizi antiebraici nei primi anni del dopoguerra (1945-1955), in M. Sarfatti (a cura di), Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale, Giuntina, Firenze, 1998, soprattutto pp. 147-148. Anche per questo motivo, oltre che per l’interesse intrinseco dell’argomento, L’antiebraismo cattolico dopo la Shoah appare un volume in grado di colmare un vuoto storiografico esistente, contribuendo al tempo stesso ad aprire nuove e interessanti ipotesi di ricerca.

L’autrice, che da lungo tempo si occupa di indagare i vari aspetti della tradizione antigiudaica cristiana e il suo perpetuarsi nel XX secolo, in questo volume propone un’analisi complessiva di quanto di quella tradizione sopravvisse, sia pure attraverso indubbie modifiche, all’indomani della seconda Guerra mondiale. In questa analisi utilizza un duplice criterio: da un lato il tradizionale approccio cronologico, dall’altro un approccio prevalentemente tematico. Il punto di partenza, alla ricerca di una definizione di “antiebraismo” (termine preferito perché più onnicomprensivo e al tempo stesso più preciso di quello tradizionale di antigiudaismo e di quello razziale di antisemitismo), è rappresentato dall’analisi di alcuni lemmi dell’Enciclopedia cattolica: un’opera, pubblicata tra il 1948 e il 1954, che rappresentò una parte importante dello sforzo cattolico di riconquistare un ruolo di primo piano, anche culturale, nell’Italia del secondo dopoguerra. E proprio per questo appare interessante notare in quell’opera la totale sottovalutazione della Shoah e il riproporsi di stilemi interpretativi conversionistici piuttosto consolidati. Nel primo caso una simile sottovalutazione si inseriva nella più generale rimozione dell’Olocausto nell’Italia del secondo dopoguerra; nel secondo appare evidente come la revisione della tradizione teologica cattolica sull’ebraismo fosse ancora di là da venire e l’attenuarsi della polemica cattolica rispondesse piuttosto a un criterio di opportunità storica.

L’analisi delle voci dell’Enciclopedia cattolica è seguita da una dettagliata disanima degli articoli di argomento ebraico comparsi su “La Civiltà Cattolica”: una rivista particolarmente influente nell’ambito della pubblicistica cattolica e che, già a partire dagli anni ’80 del XIX secolo, aveva esercitato un’influenza di primo piano nel rilancio e nell’estremizzazione della polemica antiebraica. Dopo i tragici avvenimenti della seconda Guerra, la rivista dei gesuiti di porta Pinciana abbandonò le punte più polemiche del suo atteggiamento nei confronti dell’ebraismo e degli ebrei, ancora assai vive negli anni ’30: ciò non significava, tuttavia, che l’atteggiamento di fondo si fosse modificato. A questo proposito basti ricordare come, ancora all’indomani della Liberazione, la rivista ribadisse la legittimità di non meglio precisate misure legislative volte a difendere i popoli cristiani dalla sovversione ebraica. Un simile atteggiamento di diffidenza, che non era proprio della sola “La Civiltà Cattolica”, sopravvisse per alcuni anni; ben presto esso cominciò, tuttavia, a essere sottoposto a una, sia pur cauta revisione, e la stessa rivista dei gesuiti romani incominciò a concentrarsi su argomenti meno controversi.

Questa prima parte del volume di Elena Mazzini, incentrata sui primi anni del secondo dopoguerra, rappresenta una sorta di ideale prologo agli sviluppi successivi, che l’autrice osserva attraverso alcune particolari chiavi di lettura. Particolarmente significativa appare l’analisi dei resoconti di viaggio dei pellegrini cattolici in Terra Santa: un genere letterario antico, che a partire dal 1948 dovette però confrontarsi con la nuova, e per certi versi sconvolgente, realtà di un indipendente Stato ebraico sito in Terra Santa (e la situazione si modificò ancora nel 1967, con la riunificazione dell’intera città di Gerusalemme nelle mani israeliane). Dall’accurata carrellata di resoconti di viaggio che l’autrice tratteggia emerge con chiarezza la pervasività di alcuni elementi della tradizione antigiudaica cristiana, a partire dalla considerazione della Chiesa cattolica come vero Israele (la teoria della “sostituzione”), ma anche i primi segni di un difficile cambiamento. Molto pochi appaiono, infatti, gli elementi apertamente antiebraici presenti in questi scritti, soprattutto se confrontati con i resoconti della prima metà del secolo. Dopo questa serie di viaggiatori e pellegrini più o meno illustri, in gran parte religiosi, l’autrice ricostruisce la storica visita a Gerusalemme di Papa Paolo VI, nel 1964. Un pellegrinaggio dagli inequivocabili significati ecumenici, che si inseriva pienamente nel nuovo clima della Chiesa conciliare, e che, tuttavia, non fu in grado di dissipare in modo definitivo cautele e ambiguità della Chiesa rispetto al significato dell’ebraismo, del sionismo e dello Stato d’Israele. Cosa che appare con particolare evidenza dall’accurato confronto tra i commenti della stampa cattolica italiana e quelli della stampa ebraica italiana.

Le considerazioni sul viaggio di papa Montini in Terra Santa e sui suoi molteplici significati, conducono all’analisi dei cambiamenti avvenuti a partire dagli anni conciliari. L’attenzione del libro, tuttavia, piuttosto che sui mutamenti si concentra nell’individuare le continuità che, sia pure sottotraccia, proseguirono anche durante e all’indomani dell’assise ecumenica. Non appare privo di significato, infatti, osservare come, nonostante l’approvazione della Dichiarazione Nostra Aetate e il conseguente superamento, quantomeno ufficiale, della tradizione antigiudaica, le posizioni nei confronti dell’ebraismo continuarono a mantenersi sfumate e ambigue in rilevanti ambienti dell’episcopato, del clero e del laicato. E questo anche perché, talvolta, le aperture teologiche verso l’ebraismo erano limitate da criteri di opportunità politici riguardo alla vicenda mediorientale, quando non addirittura da valutazioni negative della natura e della politica di Israele. Al tempo stesso, nel clima degli anni ’60, con una significativa torsione rispetto a vent’anni prima, gli ambienti più filoisraeliani all’interno del mondo cattolico italiano erano diventati i circoli conservatori, che vedevano nello Stato ebraico una diga contro la penetrazione sovietica nel Vicino Oriente. In questo caso, viceversa, alle aperture di credito politiche non sempre si accompagnavano eguali e adeguate prese di posizione teologiche.

Come sottolinea l’autrice nelle Conclusioni, la difficoltà nel definire e nel comprendere la reale portata della ripresa del dialogo ebraico-cristiano e degli indubbi cambiamenti introdotti dal Concilio risiede proprio in questa commistione di discorso teologico e politico. Una commistione che appare evidente a partire dalla diversa definizione di Israele-Terra Santa, che ebrei e cattolici continuano a dare di una stessa terra. E questa estrema difficoltà a fondere e uniformare valutazione politica e valutazione teologica appare anche dalla particolare periodizzazione de libro, che Elena Mazzini chiarisce fin dall’introduzione: il 1967, anno della Guerra dei sei giorni e della conquista/riunificazione di Gerusalemme in mani israeliane per quanto riguarda la prima parte del lavoro; il 1974, anno della pubblicazione del testo Orientamenti esuggerimenti per l’applicazione della dichiarazione “Nostra Aetate” da parte della Commissione per i rapporti con l’ebraismo dall’altro, per quanto riguarda la parte relativa ai mutamenti verificatisi a partire dal Concilio.

Casella di testo

Citazione:

Elena Mazzini, L'antiebraismo cattolico dopo la Shoah (recensione di Paolo Zanini), "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", II, 1, gennaio 2013

url: http://www.freeebrei.com/anno-ii-numero-1-gennaio-giugno-2013/elena-mazzini-lantiebraismo-cattolico-dopo-la-shoah