Da Roma a Gerusalemme

"Free Ebrei", VI, 2, settembre 2017

Da Roma a Gerusalemme. Il primo congresso dell'UDAI

di Giuliana Iurlano

Abstract

Giuliana Iurlano reports the first congress of UDAI (Unione delle Associazioni Pro Israele), hold in Rome between the 16th and 17th September, and explains the main tasks and challenges to be faced with by Italian supporters of Israeli State and democracy in the Middle East.

Si è svolto a Roma il primo Congresso UDAI (Unione delle Associazioni pro Israele) ed è stato un momento molto importante sotto diversi punti di vista. Innanzitutto, quello organizzativo: le associazioni, infatti, sono diventate ormai 15, anche se ancora per la maggior parte collocate nel Nord Italia. L’obiettivo principale che esse dovranno porsi è quello di riuscire a far conoscere la realtà israeliana e, soprattutto, a contrastare il perdurante e, purtroppo, crescente antisemitismo/antisionismo che caratterizza la stampa italiana e quella straniera. Importantissimo, a tal proposito, il ruolo ricoperto da “Informazione Corretta” e quello più generale dall’informazione in Italia, di cui si è parlato nell’interessante tavola rotonda condotta da Angelo Pezzana, Daniele Scalise, Mattia Feltri, Roberto Giardina, seguita dalla relazione di Massimo Lomonaco sul funzionamento dell’agenzia Ansa da Israele. Nel perseguimento di tale scopo, però, è necessario riuscire a far breccia anche nello “zoccolo duro” del pregiudizio antiebraico che alberga nella percezione diffusa dell’opinione pubblica, un pregiudizio che prende molte forme e che, negli ultimi tempi, si è nutrito a dismisura della campagna BDS e della delegittimazione dello Stato ebraico, come bene ha evidenziato Giovanni Quer (BDS e delegittimazione), ma anche del processo di “impossessamento” della tematica dei diritti umani da parte della sinistra progressista europea e americana, come ha chiarito Enzo Cucco, presidente di Certi Diritti, con la sua relazione su I diritti civili in Italia ostili a Israele. A ciò di deve aggiungere tutta la campagna che si è nutrita  in modo esasperato del “politicamente corretto”, che non ha fatto altro che creare una sorta di codice etico “inverso”, profondamente illiberale e antidemocratico, le cui conseguenze si riflettono soprattutto sul giudizio popolare relativo ad Israele. Insomma, il “combinato disposto” – per usare l’espressione di Daniele Scalise – ha creato un meccanismo quasi automatico di condanna immediata dell’unica realtà democratica dell’area mediorientale e una frattura sempre più ampia tra l’accettazione emotiva della Shoah e il rifiuto dell’ebreo che difende con le armi il suo paese. Insomma, tra tutti i movimenti nazionalistici nati nell’Ottocento, l’unico che non è mai stato accettato – purtroppo, talvolta anche all’interno dell’ebraismo mondiale – è stato proprio il sionismo. E su questo aspetto, le Associazioni pro Israele hanno davvero un compito importante da portare avanti.

     L’aspetto, invece, positivo è lo sviluppo dell’innovazione in Israele, che – nonostante la forte campagna di disinformazione o, peggio, di manipolazione della verità – ha raggiunto livelli molto alti, come hanno indicato sia Rafi Erdreich, ministro consigliere per l’informazione dell’Ambasciata di Israele (Le componenti dell’ecosistema dell’innovazione israeliana), sia Dario Peirone dell’Università di Torino (L’economia israeliana come innovazione), mentre Michael Levi ha messo a fuoco il pericoloso e attualmente sottostimato processo di penetrazione iraniana in Italia (La penetrazione dell’Iran in Italia), addirittura incoraggiato da alcune regioni italiane, come le Marche e la Puglia, e sostenuto dall’Unione Europea.

     Dal punto di vista dell’analisi politica e internazionalistica, il pericolo maggiore per Israele è costituito proprio dall’Iran, che, anche sul piano strategico, sta tentando in tutti i modi di creare un ponte verso il Mediterraneo, mettendo seriamente a rischio la sicurezza di Israele. Le relazioni di Antonio Donno (La politica americana in Medio Oriente), di Zvi Mazel (Pace e sicurezza in Medio Oriente), Mordechai Kedar (La trasformazione degli Stati arabo-musulmani in Medio Oriente), di Ugo Volli (Israele: il quadro strategico, pericoli e opportunità) e l’intervento registrato di Fiamma Nirenstein (Israele e la politica internazionale) hanno sicuramente aperto un’approfondita e attenta riflessione sulle prospettive dei futuri possibili scenari dell’area. Donno ha posto l’accento sul vuoto creato dall’amministrazione Obama in Medio Oriente – e i “vuoti” politici o territoriali nelle relazioni internazionali vengono sempre “riempiti” da qualcun altro – e sul fatto che il Medio Oriente come noi lo abbiamo conosciuto non esiste più, perché nell’area si sono ormai installate la Russia di Putin, con il suo progetto di tradizione zarista di espansione verso i “mari caldi”, l’Iran che persegue una politica espansionistica di ampio respiro verso il Mediterraneo e la Cina, che al momento è la potenza apparentemente meno “ingombrane”, ma la cui egemonia non tarderà a manifestarsi. Dal canto suo, Mordechai Kedar dell’Università Bar Ilan di Tel Aviv ha visto, come unica soluzione al processo di pacificazione della regione, non più la proposta dei due Stati, ma la formazione di veri e propri emirati “omogenei” in grado di creare relazioni pacifiche dapprima fra di loro e, poi, con Israele. Ugo Volli, invece, ha chiarito come – rispetto alle situazioni precedenti – Israele stia mostrando un volto economico e diplomatico mai visto prima, con la politica di Netanyahu che ha messo in agenda una serie di accordi con paesi africani, latino-americani e estremo-orientali prima impensabili, senza parlare delle relazioni abbastanza amichevoli con alcuni paesi arabi (non ultima la visita in Israele dell’erede al trono saudita) e della marginalizzazione di fatto della questione palestinese. L’unica vera preoccupazione, secondo Volli, è invece proprio quella militare, perché Israele non vuole assolutamente una contiguità territoriale tra Iran e Libano, ma auspica una sorta di “zona cuscinetto” garantita dai russi, con l’obiettivo tattico di bloccare proprio la realizzazione, da parte iraniana, di quel ponte verso il Mediterraneo che accerchierebbe Israele nei suoi confini settentrionali. Se ciò dovesse accadere, senza che la Russia lo impedisca, allora lo Stato ebraico non starebbe ad aspettare di essere colpito, ma sarebbe costretto, come già successo in passato, a sferrare il primo colpo. E in quel caso, tutti dovremmo essere preparati a spiegare l’ennesima “guerra di Israele”. Al Congresso sono intervenute Noemi Di Segni, presidente dell’UCEI, e Ruth Dureghello, presidente del CER, per portare i saluti delle rispettive organizzazioni.

Casella di testo

Citazione:

Giuliana Iurlano, Da Roma a Gerusalemme. Il primo congresso dell'UDAI, "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", VI, 2, settembre 2017

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