Gabriele Guerra, Spirito e storia

"Free Ebrei", I, 1, marzo 2012

Abstract

In this collection of essays, Gabriele Guerra carries out a phenomenological analysis of German Jewry during the inter-war period. He concentrates on the messianic streams in such thinkers as Walter Benjamin and Gershom Scholem.

Il volume di Gabriele Guerra, docente a contratto di Lingua tedesca presso l'Università Ca' Foscari di Venezia, raccoglie una serie di saggi dedicati al rapporto fra teologia e politica nel pensiero di alcuni intellettuali ebrei tedeschi di inizio Novecento. La prefazione di Mauro Ponzi, docente di Letteratura tedesca all'Università La Sapienza di Roma, cerca di attualizzare il lavoro di Guerra sotto la luce del rapporto fra sacro e profano quale base fondativa della comunità, sottolineando possibili analogie e differenze tra la visione escatologica dei due monoteismi proselitistici (cristianesimo e Islam) e quello ebraico. Partendo proprio da un dilemma politico-religioso (come conciliare il sacro e il profano, Dio e l'uomo), Guerra introduce il suo lavoro di fenomenologia dell'ebraismo tedesco interbellico. La chiave di lettura privilegiata consiste nel legame tra ebraismo, anarchia e mistica, che concorrono nella creazione di una sorta di aristokratischer Anarchismus (anarchismo aristocratico), ovvero di un "aristocraticismo dell'intelligenza" ritenuto l'estremo rifugio di una classe intellettuale sradicata, che si muoveva tra l'estremismo filosofico e il moderatismo politico. Gli autori privilegiati sono Walter Benjamin e Gershom Scholem.

Il primo saggio (Il Messia senza scettro. Rilettura filosofica di alcune prese di posizione politiche nel campo dell'ebraismo) s'interroga proprio sul significato benjaminiano di "anarchismo teocratico". Tale espressione - secondo l'A. - rappresenta la possibilità di un fondamento ordinatore della comunità teopolitica nello spazio utopico di radicale assenza di arché. Se la differenza tra ebraismo e cristianesimo consiste nel luogo dell'evento messianico (temporale per l'uno, spaziale per l'altro), è solo il pensiero meta-filosofico e meta-politico, sistematicamente an-archico, quello in grado di fronteggiare al meglio il regno dell'Anticristo imperante sulla terra, quello dello "stato di eccezione" trionfante.

Il secondo saggio (Epifanie del dopodomani. Tipologie messianiche da S. Paolo a Benjamin) s'interroga sui modi in cui pensare un'ulteriorità messianica nella storia e in cui ritradurre il messianesimo nichilista sabbatiano in termini moderni. L'A. fa appello alle Tesi sulla filosofia della storia di Benjamin, dove il filosofo ebreo tedesco cerca di salvare l'elemento messianico dal suo oblio e inabissamento nel processo storico.

Il terzo saggio (Spirito dell'utopia, utopia dello Spirito. Una teologia politica nella Germania del primo Novecento) affronta invece la differenza tra la concezione blochiana e benjaminiana di teocrazia politica. La negazione blochiana di teocrazia politica diventa vagheggiamento di una Chiesa senza polis e tutta pervasa dal Paracleto, l'invito a pensare politicamente la necessità storica di una comunità pneumatica.

Il quarto saggio (To Pneuma opou thelei. Il problema dello Spirito e il meridiano della decisione in Benjamin) s'interroga sul rapporto tra Geist e politica nel pensiero benjaminiano. La sua critica a Ernst Bloch può essere raffigurata come "il compimento dell'umano non intensificato". L'antitesi non è più tra il "riformismo" di Aronne e il "rivoluzionarismo" di Core, perché entrambi sono apparizioni spettrali della stessa realtà: l'impossibile decisione sul divino e la sua ineludibile necessità.

Il quinto saggio (Il gesto ideale. L'intelligencija ebraico-tedesca tra potere e rinuncia) pone a confronto i due percorsi intellettuali di Scholem e Benjamin. La figura intellettuale del primo realizza una sorta di weberiano storico delle religioni "cum ira ac studio": anarchia significa per lui ristabilire il "principium individuationis" metafisico e spirituale della propria esistenza "politica". L'anarchismo di Scholem è strutturato secondo due correnti politico-spirituali del sionismo: Gustav Landauer e Achad Ha'am.

Il sesto saggio (L'umano e la legge. Una teologia politica dell'ebraismo) ritorna sul problema dell'anarchismo teocratico, che è il luogo privilegiato del dispositivo teologico-politico del messianismo ebraico. Ripercorrendo la concezione di Buber e di Scholem del termine anarchia, l'A. ricava il significato più intimo di questa diade: l'anarchismo teocratico è un appello metaumanistico a una politica della forma pura, che tenga insieme l'umano e l'oltreumano. E' una sorta di bio-teologia politica dell'ebraismo.

Il settimo e ultimo saggio (Storia e termine. Riflessioni politico-religiose sulla differenza tra apocalittica ed escatologia nel pensiero tedesco) analizza i diversi scenari apocalittici dei monoteismi attraverso le concezioni di due teologi (Hans Urs von Balthasar e Jacob Taubes). La differenza tra le due teologie deriva dalle due tensioni escatologiche: mentre il cristiano Balthasar addita alla fede il cammino faticoso e doloroso che porta alla redenzione, la spinta gnostico-apocalittica dell'ebreo Taubes passa dalla radicale negazione del mondo così com'è a un'esistenza migliore. La tentazione apocalittica è un'indicazione euristica per comprendere l'attività dei giovani Lukács, Bloch, Buber, Schoeps, Hiller e Scholem. Mentre Hiller propone un'apocastasi spaziale, Benjamin ne propone una temporale: la verità ultima dell'apocastasi storica è dunque la restituzione del tempo. Essa rappresenta la verità del tempo storico nel momento in cui diventa il tempo storico della verità.

Il volume di Guerra si presenta come un tentativo di considerare sistematicamente il pensiero degli intellettuali ebrei tedeschi alla luce del rapporto tra sacro e profano, fra teologico e politico. Il periodo di riferimento è indubbiamente assai fecondo per considerare lo sviluppo del messianesimo ebraico. L'A. si sofferma molto sullo stretto rapporto tra pensiero ed esistenza, quasi a sottolineare come i percorsi degli autori presi in esame debbano unicamente considerarsi alla luce del loro pensiero. Che tipo di pensiero (o "spirito") emerge da queste pagine? Qualcosa di assolutamente "altro" rispetto alla teologia politica del periodo interbellico, caratterizzata dall'emersione del neopaganesimo, dall'arretramento del pensiero religioso tradizionale e dal tentativo di eliminare qualsiasi trascendenza spirituale. L'A. sottolinea ripetutamente il significato di "anarchismo teocratico" e di "aristocraticismo dell'intelligenza" quali pietre miliari di questi intellettuali sradicati, volti a creare una sorta di utopia temporale. Non spiega però a sufficienza il contesto politico, sociale e culturale all'interno del quale si collocano non solo le loro vite, ma le loro stesse riflessioni. Abbiamo sporadici riferimenti al mondo ebraico di lingua tedesca. Abbiamo anche richiami alla teologia cristiana, ma non è dato capire dove e come si muovevano questi spiriti affini. Potremmo dire che lo spazio storico non è la dimensione privilegiata dell'escatologia messianica di Benjamin (forse per Scholem il discorso è leggermente diverso, dato il suo sionismo). Il confronto con il "Politico" di Schmitt è solo accennato. Il problema del fondamento teologico e politico della comunità resta sullo sfondo quale dilemma "absconditum" di questo notevole saggio di storia dello spirito ebraico-tedesco.

Casella di testo

Citazione:

Gabriele Guerra, Spirito e storia (recensione di Vincenzo Pinto), "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", I, 1, marzo 2012

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