Cracovia ebraica
di Alessandra Cambatzu
Abstract
Alessandra Cambatzu tells her journey in Cracovia during the yearly Jewish festival and tries to assess what is Cracovia's Jewish life in the post-Soviet Poland
Dall'aereo,
mentre ci si avvicina, colpiscono i campi ordinatamente coltivati e i brutti,
alti palazzi della periferia. All'aeroporto ci preleva Pavel, chiacchierone e
gentile, che nel tratto dall'aeroporto alla città, ci informa allegramente delle
sue preferenze etniche: i tedeschi (noi veniamo da Berlino, cosa che non manca
di colpirlo) non li sopporta neanche un po', così come non gli piacciono gli
spagnoli, mentre i greci gli sono simpatici. E gli italiani? Beh, non si
sbilancia, ma si intuisce che ci ritiene molto vicini ai polacchi
(cattolicesimo e disordine, più o meno questi gli argomenti).
Domenica. Finalmente il Kazimierz! Ex città indipendente fondata da Casimiro
III nel 1335, divenne poi nell'Ottocento un quartiere di Cracovia, anzi “il”
quartiere: Quartier/Kvartal è infatti il nome che viene dato al Festival della
cultura ebraica che ogni anno tra fine giugno e inizio luglio anima le
stradine. Concerti e incontri, una comunità ebraica straordinariamente aperta -
“Entrate!” è scritto nei cancelli della comunità-, un gran numero di sinagoghe
e ristoranti di cucina ebraica (non tutti kosher) fanno di questo festival uno
dei più importanti al mondo dedicati alla cultura ebraica.
È Agnieszka
(but you can call me Aggie- dice con un bel sorriso) a farci da guida nel
quartiere. Docente di yiddish negli Stati Uniti, ci racconta con passione della
vivacità della vita di Kazimierz in cui fioriva una comunità ebraica
straordinariamente ricca, pia e colta, vivacità testimoniata dal gran numero di
sinagoghe: Tempel, Kupa, Wisoka, tanto per citarne alcune. Attraverso la guida
appassionata di Aggie, rivivono quotidianità, leggende (bellissima quella di
Ester, la favorita ebrea di Casimiro che diede al sovrano l'agognato figlio
maschio) e persino il suono dello yiddish lingua d'uso nel quartiere. Bello,
ben tenuto e molto amato, il Kasimierz deve essere visitato almeno una volta
nella vita. Al termine della visita, la pioggia – e la fame- ci fanno rifugiare
nel ristorante ebraico Ariel dove ci aspettano un ottimo cholent
(stufato di carne e verdure) e dei saporiti golubky (involtini di verza
ripieni).
Sotto la
pioggia battente ci avviamo verso la Fabryka-schindlera, la “Fabbrica di Schindler”, sede della
fabbrica di pentole smaltate presso cui lavoravano gli operai ebrei che Oskar
Schindler riuscì a trasportare a Brünnlitz nei Sudeti, suo luogo d'origine,
salvando loro la vita
All'interno
della Fabbrica non ci sono macchine ma un interessante museo multimedial - opprimente e claustrofobico - che
mostra, attraverso immagini e oggetti d'epoca la vita della comunità ebraica
cittadina fino all'occupazione nazista e alla deportazione nel campo di
sterminio di Bełżec nel
1942.
In
una delle stanze, grande e maestosa, troneggia la scrivania di Oskar, Giusto
tra le Nazioni per aver sottratto alla morte circa 1200 ebrei.
Non
molto distante dalla Fabryka, il bel Museo della cultura ebraica galiziana.
Situato in una ex fabbrica
di mobili, contiene un'ampia sala espositiva, un bookshop piuttosto fornito e,
cosa che non guasta, personale gentile. Nella sala sono esposte le foto della
mostra Salvataggio, soccorso, rinascita: i 100 anni del Joint in Polonia”, associazione
ebraico-americana che aiutò in vario modo ciò che restò delle comunità ebraiche
dopo la Shoah. Le foto sono una straordinaria testimonianza sia della vita
ebraica polacca tra le due guerre:
colpiscono in modo particolare le foto dei piccoli orfani dopo la tra guerra
dai visetti ora tristi ora forti e combattivi.
Ma
c'è un altro Giusto tra le Nazioni che vogliamo ricordare. Oltrepassata la
Vistola, non lontano dalla Piazza degli
Eroi del Ghetto, dove gli ebrei venivano radunati per la deportazione, c'è il
Museo della Memoria Nazionale "Farmacia sotto l'aquila". Si tratta della vecchia
farmacia del dottor Tadeusz Pankiewicz che tra il 1941 e il 1943 era situata
all'interno del ghetto. Il dottore e i suoi aiutanti furono tra i pochi non
ebrei a cui i nazisti permisero di continuare a lavorare. La farmacia divenne
un luogo di ritrovo dell'intellighenzia ebraica e sede di operazioni
clandestine che permisero al coraggioso dottore di salvare innumerevoli ebrei.
Lunedì,
Auschwitz.
Casella di testo
Citazione:
Alessandra Cambatzu, Cracovia ebraica, "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", IV, 1, giugno 2015
url: http://www.freeebrei.com/anno-iv-numero-1-gennaio-giugno-2015/alessandra-cambatzu-cracovia-ebraica
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