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Introduzione

 

Il presente lavoro affronta l’analisi delle tematiche attinenti gli ebrei e l’ebraismo in Europa, attraverso il “Corriere della Sera”, nel periodo dal 1894 al 1906. Lo studio si è focalizzato sulle notizie storiche riguardanti in concreto, per singole situazioni, gli israeliti, essendo completamente assenti articoli di argomento culturale e religioso che concernessero l’ebraismo in quanto tale.

La scelta della testata è stata determinata dal particolare ruolo rivestito dal “Corriere” in quegli anni: il quotidiano milanese, infatti, è il più importante organo di informazione nel panorama del giornalismo italiano dell’epoca. Ciò che ha spinto ad analizzare quel preciso periodo storico è stata la scarsezza, fino ad oggi, di specifiche ricerche sulla trattazione di temi ebraici nella stampa italiana, elemento che rende la materia un campo di studio interessante e aperto a ulteriori sviluppi. Si è intenzionalmente seguito un andamento analitico delle notizie, per rendere più fedelmente possibile l’atteggiamento del giornale verso l’argomento prescelto, correndo anche il rischio di apparire minuziosi e ripetitivi.

I numerosi articoli pubblicati nei dodici anni presi in esame riguardano prevalentemente l’affare Dreyfus, i pogrom nell’Europa orientale e il sionismo, mentre non ci sono notizie relative alla situazione della minoranza ebraica in Italia, a parte un articolo pubblicato in occasione della morte di Leone XIII, in cui si fa accenno ad un antisemitismo che “tenta far capolino in Italia sul triste esempio di altre nazioni”[1]. Si basava su un brano dell’intervista che il defunto pontefice aveva concesso alla giornalista francese Séverine il 31 luglio 1892[2].

 L’intenzione della pubblicista era esplicita: chiedere al Papa il suo giudizio (che Séverine si attendeva di condanna) sull’antisemitismo. Leone XIII escluse categoricamente ogni guerra di razza, ricordando che il papato aveva costantemente protetto gli ebrei dalle violenze del popolo. È interessante notare che il “Corriere della Sera” non pubblicava la seconda parte dell’intervista, in cui Leone XIII rammentava che la Chiesa doveva difendere anche se stessa dall’oppressione. Dove il nuovo flagello dell’età presente era il denaro, e con esso si voleva vincere la Chiesa e dominare il popolo. Leone XIII faceva proprie le interpretazioni classiche della polemica antiebraica, e anche se prendeva le distanze da alcuni aspetti delle agitazioni antisemite, tuttavia dimostrava di condividerne le motivazioni o, se si vuole, le preoccupazioni, almeno quelle di carattere economico[3]. Il quotidiano dava del pensiero del Papa una visione molto positiva, eliminando l’ultima parte dell’intervista. Si può supporre che il “Corriere” volesse evitare di dare risalto ad elementi oscurantisti presenti in Italia.   

Il tema che occupò maggiormente le pagine del giornale fu l’affaire Dreyfus; nei dodici anni del suo svolgersi, il corrispondente da Parigi, Paolo Bernasconi[4], informò costantemente e con ricchezza di particolari sui complicatissimi intrighi, i frequenti colpi di scena, le alterne fortune dei protagonisti, i risvolti giudiziari che contraddistinsero il famoso caso. Il “Corriere della Sera” pubblicò riguardo all’affaire anche un’ampia rassegna di giornali esteri, francesi, inglesi e tedeschi, non limitandosi, quindi, alla “notizia”, ma dando al lettore, con un ventaglio di opinioni riportate, gli strumenti per la riflessione e l’approfondimento.

Fin dall’inizio, è possibile notare come il giornale si mostrasse dubbioso verso questo atto di tradimento che non aveva un movente plausibile, come scriveva, nei primi articoli sul caso, Paolo Bernasconi. È da rilevare l’interesse che il quotidiano mostrò verso la pubblicazione del libro di Bernard Lazare[5], Une erreur judiciaire: la vérité sur l’Affaire Dreyfus, pubblicato nel 1896, e come il corrispondente tacesse l’origine israelita dello scrittore per dare maggiore imparzialità al saggio.

Anche se quantitativamente il numero dei commenti sull’affaire Dreyfus è esiguo, è da mettere in evidenza come questi denotassero chiaramente la linea di condotta del giornale, asserendo la necessità dell’accertamento della verità, quindi della giustizia verso un uomo che poteva essere vittima di un errore giudiziario[6]

L’interesse non si esaurì con la concessione della grazia a Dreyfus nel 1899, ma proseguì, soffermandosi sui difficili procedimenti giudiziari degli anni successivi, fino alla riabilitazione nel 1906.

Gli articoli del “Corriere della Sera” riguardo ai pogrom in Russia e agli altri episodi di antisemitismo nell’Europa orientale furono generalmente pubblicati in prima pagina senza commenti, stimolando, indirettamente, l’opinione pubblica alla difesa di valori di civile convivenza. Le corrispondenze rappresentano, ancora oggi, una preziosa testimonianza documentaria, ricca di elementi utili a comprendere il peggioramento delle condizioni degli ebrei nell’Europa orientale.

Gli unici commenti sulla situazione degli israeliti russi, nel periodo 1903-1906, furono di Luigi Barzini[7] e di Antonio Albertini[8]: del primo è da notare il distacco, rispetto alla linea consueta del giornale, dalla implicita posizione di “difesa” della minoranza ebraica, e l’assunzione di atteggiamenti e giudizi di velata avversione, mentre negli articoli di Albertini appare il tentativo di scusare e giustificare l’assenteismo delle autorità di fronte ai gravi episodi di intolleranza e persecuzione contro il popolo ebraico avvenuti nell’Europa dell’Est. È pensabile che entrambi gli articoli siano frutto di una scelta precisa da parte del giornale per evitare complicazioni diplomatiche con la Russia, complicazioni che accuse esplicite avrebbero comportato. È probabile che nel caso di Luigi Barzini esistesse una componente prettamente personale, in considerazione del suo futuro atteggiamento filo- fascista. A maggior ragione la prudenza politico- diplomatica si avverte nei confronti di quanto avveniva in Austria e in Germania, che solitamente il giornale eludeva e che, nel giudizio di non pochi osservatori, già faceva prevedere il peggio. È, infatti, importante sottolineare che nell’arco di tempo analizzato, l’Italia era legata a questi due Stati dalla Triplice Alleanza, come contestualmente, negli ultimi anni del periodo, la si contrappesava curando le relazioni con le potenze dell’Intesa, tra cui la Russia. Del sindaco di Vienna Karl Lueger e degli altri esponenti del Partito cristiano sociale si evidenziava apertamente l’antisemitismo fin dai titoli degli articoli a loro dedicati[9], ma era assente sia una condanna del loro programma sia una più estesa trattazione dell’antisemitismo in Austria. Contrariamente al Partito cristiano sociale, l’imperatore Francesco Giuseppe si mostrava protettivo e benevolo verso gli ebrei[10].   

È riscontrabile una totale mancanza di notizie inerenti alla Germania, verso la quale probabilmente vi era ancor più cautela per il ragguardevole peso internazionale.

Interessante rilevare il diverso atteggiamento verso la Francia durante il caso Dreyfus, di contrapposizione non sempre velata. È possibile che i non ottimi rapporti diplomatici abbiano influenzato la linea editoriale del giornale.            

Per quanto concerne il sionismo, il “Corriere della Sera” focalizzò la sua attenzione prevalentemente sui congressi del 1903 e del 1905, dedicando uno spazio minore ai precedenti e ai successivi. Anche per questo ambito, il giornale pubblicò commenti di giornali stranieri, come il “Times” e il “Journal des Debats”. Il quotidiano decise quindi di dare maggiore rilievo al movimento quando iniziarono delle trattative di rilevanza internazionale per la costituzione della futura sede ebraica. È interessante notare che nel 1903, per la prima volta, il “Corriere” inviava un corrispondente, che si firmava J, a seguire i lavori del congresso. Il giornalista dimostrava di avere una discreta conoscenza della storia ebraica recente, esprimendo simpatia e comprensione per le aspirazioni degli israeliti aderenti al movimento. Si dava molto spazio al lavoro congressuale, riportando i dibattiti giornalieri, pubblicando commenti da parte del “Times” sulla proposta inglese dell’Uganda come possibile insediamento ebraico. È indicativo che non vi siano mai accenni, nei dodici anni presi in esame, a personaggi o a eventi del sionismo italiano, neppure quando il giurista e senatore Carlo Francesco Gabba condusse sulla “Rassegna nazionale” un attacco al sionismo e rivolse agli ebrei italiani un appello perché lo condannassero[11]; il che rientrava in una visuale di normale integrazione degli ebrei in Italia. Infatti, il corrispondente chiariva che “la nuova Sion” sarebbe stata per gli ebrei italiani solamente una patria ideale e soprattutto un luogo di rifugio per i correligionari perseguitati dell’est. I sionisti italiani sottolineavano proprio questo aspetto del movimento.

Può stupire che il “Corriere” abbia posto in terza pagina, cioè in una delle ultime, la rilevante notizia dell’incontro di Theodor Herzl con Vittorio Emanuele III, il quale gli evidenziò la piena integrazione degli ebrei in Italia[12].  

Meno favorevole fu l’udienza accordata al leader sionista dal pontefice Pio X, che segnò comunque per lui un successo di prestigio; il Papa, con la sua intransigenza teologica, rifiutò un riconoscimento dell’aspirazione ebraica ad un proprio Stato[13] e qui forse l’elusione del “Corriere” si spiega con il voler evitare di dar peso ad aspetti conflittuali, come già aveva fatto nell’intervista di Séverine a Leone XIII.

In occasione del congresso del 1905 non fu inviato un corrispondente, ma le pagine del giornale registrarono nuovamente i dibattiti interni ed esterni al convegno sulla proposta dell’Uganda come possibile sede dello Stato ebraico.

Per quanto concerne la comunità israelita in Italia, il quotidiano si soffermò, collocandola in prima pagina[14], sull’inaugurazione della monumentale sinagoga a Roma, alla presenza del sovrano, che fu il fatto di maggior rilievo, anche mediatico, emblematico della positiva condizione degli ebrei nel nostro Paese.

La quasi totale assenza di notizie relative alla comunità ebraica nel nostro Paese, che di per sé poteva anche indicare un disinteresse, alla luce dell’attenzione verso il caso Dreyfus, i pogrom russi e il sionismo, è da inserire in un’ottica implicitamente ottimista della situazione italiana. Il “Corriere della Sera” riteneva, infatti, l’emancipazione degli israeliti in Italia compiuta; quindi, per esempio, l’appartenenza alla religione ebraica di personaggi eminenti, come il ministro della guerra Giuseppe Ottolenghi[15] e il ministro delle finanze Leone Wollemborg[16], era appena accennata e citata, per inciso, come un qualsiasi tratto caratteristico senza particolari connotazioni di sorta[17]. Il giornale ignorava volutamente quelle posizioni antisemite proprie di ambienti cattolici intransigenti e di nuovi filoni culturali. Fatti come quello accaduto all’Istituto Seghetti di Verona, la recita nella scuola di una commedia che riproponeva l’accusa di “omicidio rituale”[18], erano valutati come frutto non dell’intolleranza e del rifiuto, ma di pregiudizi culturali e religiosi non radicati nell’opinione pubblica. Questo implicito ottimismo giornalistico sull’assenza di antisemitismo nell’Italia liberale converge con quello storico retrospettivo di Benedetto Croce[19].  

L’attenzione verso le tematiche ebraiche forse era in parte dovuta all’influenza, anche indiretta, per vicinanza, del senatore Luigi Luzzatti, supporter del giovane Luigi Albertini e importante collaboratore del giornale[20], che si prodigava per la libertà religiosa e per la lotta ad ogni intolleranza in paesi come il Marocco[21] e la Romania[22], e ne faceva, anche come scrittore politico, uno dei suoi temi di fondo.

Note

 [1]  Leone XIII e l’antisemitismo, “Corriere della Sera”, 24 luglio 1903.

[2] pseudonimo di Caroline Rémy, figura prestigiosa del giornalismo francese e socialista impegnata politicamente, colonna portante del “Cri du Peuple”, primo quotidiano socialista ad avere una larga diffusione nel mondo operaio.

 Histoire Générale De La Presse Française, Tome 3. : De 1871 à 1940, Paris, Presses Universitaires, 1972.

[3]Corrado Vivanti (a cura di), Gli ebrei in Italia. Vol. 2: Dall’emancipazione a oggi, Torino, Einaudi, 1996 (Storia d’Italia. Annali 11), pp. 1427-1428.

[4] Paolo Bernasconi (1848-1920). Figlio di un fornaio. In gioventù fu garzone di panetteria egli stesso. Nel 1881 cominciò la carriera giornalistica come corrispondente da Parigi per il “Corriere della Sera”, carriera che concluse nel 1906 anno del suo ritorno in Italia. Egli fu il primo corrispondente parigino del giornale. Seppur autodidatta, si rilevò giornalista di ottime qualità, dimostrando di avere un’ottima intuizione nel carpire le notizie più importanti. Celebri sono anche alcuni suoi articoli di varietà. Nel 1910 scrisse la sua autobiografia Come divenni giornalista, dedicata a Luigi Albertini.  

Cfr. Paolo Bernasconi, Come divenni giornalista, Milano, S.E.L.G.A, 1910.

Glauco Licata, Storia del Corriere della Sera, Milano, Rizzoli, 1976, p. 571.

[5] Bernard Lazare (1865-11917). Scrittore francese. Nacque a Nimes, trasferendosi successivamente a Parigi. Fu attratto dai movimenti anarchici e socialisti, scrisse numerosi articoli sull’Affaire, articoli che furono la base per il libro L’antisémitisme, son histoire et ses causes (1894). Partecipò al secondo congresso sionista del 1898, ma subito dopo i suoi rapporti con Herzl si ruppero.

Cfr. Encyclopaedia Judaica, Jerusalem, Keter Publishing ltd, 1971, p. 1514.            

[6] Cfr. Il parere del “Temps” intorno ai pericoli della revisione, “Corriere della Sera”, 20-21 settembre 1898.

 Dreyfus e la stampa europea, “Corriere della Sera”, 31 agosto-1 settembre 1899.

[7] Luigi Barzini (1874-1947) dopo aver abbandonato gli studi di ragioneria senza conseguire il diploma, lavorò come giornalista prima al “Fanfulla”, poi nel 1899 entrò al “Corriere della Sera”. Il suo primo incarico fu come corrispondente da Londra, la collaborazione con il giornale proseguì per quasi 24 anni. Con la fine della prima guerra mondiale per Barzini iniziarono anni difficili dal punto di vista professionale. Nel 1921 avvenne la separazione con il “Corriere della Sera”. Negli ultimi anni della sua vita visse appartato a causa del precedente atteggiamento filo- fascista. Fu autore anche di numerosi racconti e novelle.

Cfr. Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1965, pp. 28-32.   

G. Licata, op. cit., pp. 567-569.

[8] Antonio Albertini (1873-1959), fratello di Luigi Albertini, fu inviato speciale del “Corriere della Sera” da Vienna, Pietroburgo e Costantinopoli dal 1901 al 1910. Durante la prima guerra mondiale ricoprì l’incarico di vicedirettore, ma con la fine del conflitto lasciò il giornale per assumere la mansione di direttore all’estero per la Pirelli. Egli, a differenza dei suoi due fratelli, non fu mai comproprietario del quotidiano.

Cfr. G. Licata, op. cit., p. 561.

Alberto Albertini, Vita di Luigi Albertini, Roma, Mondadori, 1945, p. 11.

[9] Cfr.  Dimostrazioni socialiste e vittorie antisemitiche a Vienna, “Corriere della Sera”, 15-16 marzo 1894.

La fusione dei vari gruppi antisemiti, “Corriere della Sera”, 9-10 ottobre 1894.

La vittoria degli antisemiti nelle elezioni comunali di Vienna, “Corriere della Sera”, 5-6 aprile 1895.

 Il Papa, i socialisti cristiani e gli antisemiti, “Corriere della Sera”, 7-8 aprile 1895.

 Nuova vittoria antisemita in Austria, “Corriere della Sera”, 8-9 maggio 1895.

 Gli antisemiti padroni del municipio, “Corriere della Sera”, 15-16 maggio 1895.

 Tumulti antisemiti a Vienna, “Corriere della Sera”, 30-31 maggio 1895.

 La vittoria degli antisemiti, “Corriere della Sera”, 18-19 settembre 1895.

 Scene selvagge degli antisemiti, “Corriere della Sera”, 19-20 settembre 1895.

 L’antisemita Lueger eletto borgomastro, “Corriere della Sera”, 30-31 ottobre 1895.

La questione del borgomastro, “Corriere della Sera”, 5-6 novembre 1895.

 Alla Camera austriaca la sconfitta degli antisemiti, “Corriere della Sera”, 9-10 novembre 1895.

 Echi della negata conferma di Lueger, “Corriere della Sera”, 12-13 novembre 1895.

 La guerra agli antisemiti a Vienna. Il piccolo stato d’assedio in prospettiva. Il parlamento a Wiener- Neustadt, “Corriere della Sera”, 17- 18 novembre 1895.

 Un colpo all’antisemitismo, “Corriere della Sera”, 24-25 novembre 1895.

 L’autorizzazione a procedere contro Lueger, “Corriere della Sera”, 28-29 novembre 1895.

 Gli antisemiti e il compromesso austro- ungherese, “Corriere della Sera”, 28-29 dicembre 1895.

 Il trionfo degli antisemiti nelle elezioni comunali di Vienna, “Corriere della Sera”, 3-4 marzo 1896.

 Le elezioni provinciali. Vittoria degli antisemiti, “Corriere della Sera”, 5-6 novembre 1896.

 Il governo e gli antisemiti. Una frase sintomatica, “Corriere della Sera”, 29-30 dicembre 1896.

 Il ballo di città. Le cortesie dell’imperatore al capo degli antisemiti, “Corriere della Sera”, 9-10 febbraio 1897.

 La vittoria degli antisemiti. L’insuccesso dei socialisti nelle elezioni, “Corriere della Sera”, 10-11 marzo 1897.

 Elezioni politiche in Austria favorevoli ai clericali e agli antisemiti, “Corriere della Sera”, 19-20 marzo 1897.

 Le elezioni politiche. Un‘altra vittoria degli antisemiti, “Corriere della Sera”, 21-22 marzo 1897.

 Gravissimi disordini provocati dagli antisemiti, “Corriere della Sera”, 23-24 marzo 1897.

 La vittoria liberale nei ballottaggi, “Corriere della Sera”, 23-24 marzo 1897.

 Gravissimi disordini provocati dagli antisemiti, “Corriere della Sera”, 23-24 marzo 1897.

 I tumulti degli antisemiti a Vienna, “Corriere della Sera”, 25-26 marzo 1897.

 Il carnevale alla Camera di Vienna. Cambiamento di scena politico. Un pronunciamento di Lueger. Il principio di gravi disordini in piazza, “Corriere della Sera”, 28-29 novembre 1897.

 I rapporti dell’antisemita Lueger col Vaticano, “Corriere della Sera”, 20-21 aprile 1899.

 Una battaglia fra socialisti e antisemiti, “Corriere della Sera”, 3-4 luglio 1899.

 Grandiosa dimostrazione antisemita a Vienna. I dimostranti caricati dalla cavalleria. La lotta fra le guardie e la folla, “Corriere della Sera”, 7-8 luglio 1899.

 Un grande comizio contro gli antisemiti a Vienna, “Corriere della Sera”, 15-16 luglio 1899.

  Le elezioni municipali a Vienna. Il trionfo degli antisemiti, “Corriere della Sera”, 26-27 maggio 1900.

 Le elezioni municipali a Vienna. Saccheggi e zuffe, “Corriere della Sera”, 27-28 maggio 1900.   

[10] Cfr. Robert S. Wistrich, Gli ebrei di Vienna 1849-1916. Identità e cultura nella capitale di Francesco Giuseppe, Milano, Rizzoli, 1994.

[11] Cfr. Michele Luzzati (a cura di), Gli ebrei di Pisa (IX- XX), atti del convegno internazionale, Pisa 3-4 ottobre 1994, Pisa, Pacini Editore, 1998, pp. 317-318.

[12] I capi sionisti dal Papa, “Corriere della Sera”, 31 gennaio 1904.

Il 22 gennaio Theodor Herzl fu ricevuto dal Segretario della Santa Sede, il cardinale Merry del Val e tre giorni dopo da Pio X. Il Vaticano non voleva favorire né il sionismo né l’insediamento israelita in Palestina, essendo avverso al movimento di rinascita nazionale ebraico. Se per Herzl il sionismo poteva risolvere il problema ebraico, per la Santa Sede l’unica soluzione era l.’assimilazione, ovvero la conversione degli ebrei e non la fine della diaspora,cioè di ciò che riteneva fosse  il castigo degli ebrei per non aver creduto al messaggio di Gesù. Dai diari di Herzl risultano queste testuali parole del pontefice: “ E così, se Ella andrà in Palestina e vi ristabilirà il suo popolo, noi volgiamo tenere pronti chiese e preti per battezzarvi tutti”.

Il colloquio con il re fu molto cordiale, e Vittorio Emanuele III, sempre pronto ad incontrare ed ad ascoltare benevolmente commissioni di ebrei, sottolineò come l’Italia fosse l’unica nazione europea in cui gli israeliti potessero accedere alle massime cariche dello Stato. Ministro della guerra era, infatti, un generale di origine ebraica, Giuseppe Ottolenghi, scelto inoltre dal sovrano come precettore per suo figlio nelle scienze militari.       

Cfr. Migliau Bice-Tagliacozzo Franca, Gli Ebrei nella storia e nella società contemporanea, Firenze, La Nuova Italia, 1993, p. 120.

Milano Attilio, Storia degli ebrei in Italia, Torino, Einaudi, 1963, p. 383.

Molinari Maurizio, Ebrei in Italia: un problema di identità (1870-1938), Firenze, Giuntina, 1991, p. 91.

[13] Ibidem

[14]  Solenne consacrazione a Roma del tempio israelitico, “Corriere della Sera”, 8 luglio 1904.

[15]  Il nuovo ministro della guerra, “Corriere della Sera”, 15-16 maggio 1902.

[16] Il ministero è fatto, “Corriere della Sera”, 15-16 febbraio 1901.

[17] Il “Corriere della Sera” adottava la stessa linea di condotta anche per personaggi stranieri ebrei o di origine ebraica. Cfr.  Un attentato contro Rothschild. Il segretario di Rothschild  ferito, “Corriere della Sera”, 25-26 agosto 1895.

 Particolari sull’attentato contro Rothschild, “Corriere della Sera”, 26-27 agosto 1895.

 Il bombardiere della Banca Rothschild identificato, “Corriere della Sera”, 10-11 settembre 1895.

 Guadagni enormi Rothschild attaccato, “Corriere della Sera”, 22-23 novembre 1895.

 Due dinastie, “Corriere della Sera”, 24-25 luglio 1898.

 Vertenza tra il conte di Lubersac e Roberto Rothschild, “Corriere della Sera”, 31 marzo-1 aprile 1900.

 Il testamento di Adolfo Rothschild, “Corriere della Sera”, 25-26 maggio 1900.

 Un’opera pia Rothschild a Napoli, “Corriere della Sera”, 21-22 ottobre 1900.

 I Rothschild, “ Corriere della Sera”, 4 settembre 1903.

 La casa Rothschild boicottata in Russia, “Corriere della Sera”, 4 novembre 1903.

 Il romanzo postumo di Disraeli, “ Corriere della Sera”, 26 gennaio 1905.

 La morte di Alfonso Rothschild, “Corriere della Sera”, 27 maggio 1905.

 La morte di un altro Rothschild, “Corriere della Sera”, 14 giugno 1905.

 Heine. Pel cinquantenario della sua morte, “ Corriere della Sera”, 21 febbraio 1906.

[18] Cfr.  Sospensione d’insegnamento in un istituto di Verona per una commedia contro gli ebrei, “Corriere della Sera”, 23 febbraio 1904.

 La chiusura dell’istituto Seghetti a Verona avrà eco alla Camera, “Corriere della Sera”, 25     febbraio 1904.

 Fiera circolare del ministro Orlando a proposito di un istituto veronese, “Corriere della Sera”, 5 marzo 1904.

 Riapertura dell’Istituto Seghetti, “Corriere della Sera”, 1 aprile 1904.

[19] Cfr. Di Porto Bruno, Dopo il risorgimento, al varco del '900. Gli ebrei e l'ebraismo in Italia, Venezia, Tipografia Veneziana, Estratto dalla Rassegna mensile di Israel, luglio- dicembre 1981.

[20] Cfr. Dizionario biografico degli italiani, op. cit., pp. 728-734.

Albertini A., op. cit., pp. 45-48.

[21] Cattolici ed ebrei domandano protezione, “Corriere della Sera”, 13 gennaio 1906.

L’articolo si riferisce alla conferenza di Algeciras per il Marocco. L’interesse internazionale per il Marocco era dovuto alle cospicue relazioni economico-finanziarie con il Sultano, incrementate e rese stabili dalla guerra civile endemica fin dal 1903. la Francia aveva interessi preminenti nell’area, in quanto confinante con l’Algeria, e per le pressioni dei colonialisti e degli interessi industriali, commerciali e bancari francesi. L’azione francese fu quella di penetrazione pacifica nel territorio marocchino da parte delle imprese, e di un’azione diplomatica volta ad ottenere l’accordo di Italia, Inghilterra e Spagna ad un eventuale protettorato francese. Dopo il 1902 la politica ufficiale francese direbbe quella di assicurarsi il predominio del Marocco, possibilmente con l’annessione. L’Italia, in cambio dell’assenso francese alla sua libertà di azione in Tripolitania, riconobbe la preponderanza francese nel Marocco nel dicembre del 1900. L’Inghilterra era mossa da interessi mercantili in espansione, ma non era disposta ad alienarsi il rapporto con la Francia. In seguito all’entente cordiale tra Francia e Gran Bretagna l’8 aprile del1904, in cui la Francia riconosceva l’influenza inglese in Egitto e la Gran Bretagna sanzionava il passaggio del Marocco alla Francia (tranne una parte che  passava alla Spagna per un accordo franco-spagnolo), la Germania si vide colpita nei suoi interessi economici e colonialistici in una regione ricca di risorse minerarie. In più, in seguito all’Intesa, anche gli spagnoli cedettero ai francesi, ricevendo in cambio l’influenza di una parte del Marocco. Inoltre, il fallimento di una possibile alleanza russo-tedesca contro l’Inghilterra, aveva spinto i tedeschi ad un’offensiva diplomatica. Tali iniziative diplomatiche, dovute soprattutto alla politica del ministro degli esteri tedesco Bulow, non puntavano ad una spartizione del Marocco in concorrenza con le mire francesi, né dovevano  rispondere a delle intense pressioni dell’opinione pubblica; l’obiettivo, non posto con precisione, era quello di abbattere le alleanze dirette contro la Germania e di aumentare il proprio peso nelle questioni internazionali. Il Marocco fu scelto come primo campo per tali scontri, dove, con gli accordi con L’Italia, l’Inghilterra e la Spagna, la Francia era riuscita ad inserirsi, soprattutto economicamente, per non avendo nessun titolo giuridico: il Sultano era ancora considerato l’unico sovrano del paese. Secondo i piani di Bulow, il Kaiser Guglielmo II si recò quindi a Tangeri nel marzo del 1905, dove dichiarò che la Germania si faceva garante dell’indipendenza del Marocco. Le motivazione di questa prova  di forza non erano strettamente coloniali, ma di prestigio e in base a considerazioni sulle alleanze, soprattutto per contrastare l’intesa franco-britannica. La Francia, non essendo pronta ad un confronto militare con la Germania, accettò la proposta tedesca di una conferenza internazionale per decidere sul destino del Marocco, con un arbitrato composto dalle potenze che avevano firmato il trattato di Madrid del 1880. La speranza tedesca era che la grande maggioranza delle potenze europee, anche e soprattutto gli Stati Uniti, appoggiassero la tesi tedesca secondo la quale tutte le nazioni europee godevano degli stessi diritti economici e politici in Marocco, e che la sovranità del Sultano non dovesse essere ridotta a favore di una singola nazione. La conferenza si svolse nel gennaio-aprile del 1906 ad Algeciras, in Spagna. Qui la Francia ricevette l’appoggio della Gran Bretagna, della Russia, della Spagna e dell’Italia; la Germania, solo un tiepido appoggio dell’Austria-Ungheria, mostrando così il suo isolamento internazionale. Le richieste della Germania furono considerate insincere, in vista di una sua futura occupazione del Marocco. L’indipendenza del Marocco fu così ribadita, l’intesa franco-britannica ne uscì rafforzata, con accordi militari tra loro su operazioni comuni in caso di conflitti con le potenze centrali e la Francia ricevette il mandato di dirigere le finanze e la polizia marocchina, come preludio ad un dominio diretto. Il solo risultato della Germania fu un diritto di intervento, qualora la Francia contravvenisse ai termini dell’accordo.                          

Cfr. Fieldhouse David K., L'età dell'imperialismo: 1830-1914, Roma- Bari, Laterza, 1975, pp. 346-357.

Mommsen Wolfang J., L'età dell'imperialismo, Milano, Feltrinelli, 1990, pp. 196-198.

[22]Luigi Luzzatti, Un appello alla democrazia europea per salvare la libertà religiosa, “Corriere della Sera”, 3 marzo 1913.