Vincenzo Pinto, Il prete con la kippah

"Free Ebrei", II, 1, aprile 2013

Vincenzo Pinto (a cura di), Il prete con la kippah. L’immaginario ebraico nel feuilleton gesuitico del Risorgimento italiano (1850-1904), Città Futura, Lecce, 2012, 336 pp., 18 €

di Vincenzo Fasano

Abstract

Vincenzo Pinto's anthology of Jesuit novels at the turn of the XXth century tries to show the relevance and the persistence of any anti-Judaic stereotype and its political use during the first decades of Italian Kingdom.

Il curatore, nato a Vieste (FG) nel 1974, piemontese d’adozione sin dalla più tenera età, laureatosi in Storia contemporanea nel 1998, ha conseguito il dottorato di ricerca in Crisi e trasformazione della società presso l’Università di Torino nel 2003 ed il dottorato in Scienze storiche presso l’Università di San Marino nel 2006. Da sempre scientificamente vicino a tematiche legate all’ebraismo, ricordiamo I sionisti. Storia del sionismo attraverso i suoi protagonisti (Milano, 2001), Imparare a sparare. Vita di Vladimir Ze’ev Jabotinsky, il padre del sionismo di destra (Torino, 2007) ed Apoteosi della germanicità. I sentieri di Julius Langbehn, critico della cultura tedesco di fine Ottocento (Lecce, 2009).

Il volume Il prete con la kippah. L’immaginario ebraico nel feuilleton gesuitico del Risorgimento italiano (1850-1904) è una raccolta antologica di pagine tratte da romanzi pubblicati a puntate sulla rivista La Civiltà Cattolica nell’arco temporale di circa cinquant'anni. La rivista della Compagnia di Gesù, in realtà, non necessita di presentazione perché ben conosciuta al potenziale lettore italiano ed al panorama editoriale della penisola. Oggi La Civiltà Cattolica è la più antica di tutte le riviste italiane ancora attive, fondata a Napoli da un gruppo di gesuiti italiani, il cui primo numero apparve il 6 aprile 1850. Ispiratore e primo direttore della rivista fu padre Carlo Maria Curci, ma a volerla fu soprattutto il Beato Pio IX che in quel momento era esule a Gaeta. L’idea che spinse alla fondazione della rivista fu quella di difendere la civiltà cattolica, minacciata dai nemici della Chiesa e, in particolare, dai liberali e dai massoni, che con le proprie teorie ispirarono molte protagonisti dell’Italia risorgimentale. La rivista vide da subito la partecipazione attiva di uomini di grande ingegno, come padre Luigi Taparelli d’Azeglio (fratello del più noto Massimo d’Azeglio), padre Antonio Bresciani, i cui scritti compaiono anche nella raccolta antologica che qui si presenta, e padre Matteo Liberatore. Il successo di La Civiltà Cattolica fu di tale portata che del primo fascicolo, stampato in 4.200 copie, si dovettero fare ben sette successive edizioni, mentre nel giro di appena quattro anni la tiratura salì a 13.000 copie.

Offrire oggi al lettore italiano un’antologia di testi che presenti l’antigiudaismo e l’antisemitismo ottocentesco è un proposito lodevole, benché il limite del genere antologico, indipendentemente dal tema scelto, è quello di presentare temi e motivi di immediata comprensione, a discapito però di una logica narrativa che può essere in realtà più subdola e corrosiva, e comunque più varia. Lo spirito che ha animato il Curatore nella scelta dei testi si evince chiaramente nella Prefazione (pp. 7-12), nella quale spiega che il volume non «è semplicemente una raccolta di romanzi antisemiti, né semplicemente un’antologia di feuilletons apparsi su «Civiltà Cattolica»; è soprattutto il tentativo di fornire una risposta all’intricato rapporto instauratosi nel corso dell’Ottocento fra la Compagnia di Gesù e l’ebraicità in Italia» (p. 9).

L’opera si struttura in nove capitoli, attraverso i quali si propongono altrettanti romanzi offerti al potenziale lettore della seconda metà del XIX secolo: L’Ebreo di Verona di Antonio Bresciani, Giulio ossia un Cacciatore delle Alpi nel 1859 di Raffaele Ballerini, Tigranate e Massone e massona di Giovanni Giuseppe Franco, I derelitti e L’emigrante italiano di Francesco Saverio Rondina, Le vittime del divorzio di Luigi Previti, Charitas di Giorgio Bartoli e Il Caporale Trasteverino di Ilario Rinieri. Si tratta di passaggi letterari molto densi, la cui rilettura oggi può risultare utile non tanto per insistere su immagini negative dell’ebreo, ormai ben conosciute, quanto perché possono essere l’occasione per spiegare ed approfondire alcuni aspetti del funzionamento di un codice culturale che ha attraversato i secoli.

Casella di testo

Citazione:

Vincenzo Pinto, Il prete con la kippah (recensione di Vincenzo Fasano), "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", II, 1, aprile 2013

url: http://www.freeebrei.com/anno-ii-numero-1-gennaio-giugno-2013/vincenzo-pinto-il-prete-con-la-kippah