"Free Ebrei", II, 1, gennaio 2013 a cura di Sigrid Sohn Abstract Sigrid Sohn translates into Italian an excerpt from "Sibir" by Avrom Sutzkever, the last big Yiddish writer and poet. Avrom Sutzkever, nato nel 1913 a Smorgon in Bielorussia, fu l’ultimo grande poeta e scrittore yiddish. Morì a Tel Aviv in Israele a gennaio 2010. Durante la prima guerra mondiale la sua famiglia si rifugiò a Omsk, in Siberia, dove suo padre morì nel 1920. La seconda guerra mondiale lo vide in Lituania, a Vilna, nel ghetto da dove fuggì con i partigiani nei boschi che circondavano la città. Dopo varie peregrinazioni approdò infine in Palestina, prima della proclamazione nel nuovo stato di Israele dove, nel 1949, fondò la sua prestigiosa rivista letteraria “Goldene keyt”. Il bellissimo poema Sibir fu scritto nell’inverno tra il 1935 e il 1936 e mostra come la natura e gli uomini di quella terra lontana avessero formato il suo carattere. Scrisse dunque il canto in un tempo in cui era un cosiddetto “artista puro” senza alcuna interferenza “poetica”: pura creazione di parole yiddish nel vero senso della parola. Una poesia piena di colori da vedere e da ascoltare. Fu pubblicato nel 1953 con illustrazioni di Marc Chagall appositamente create per questo poema. Tramonto su pallidi sentieri ghiacciati La mente piena di dolci colori del sogno. Dalla valle si fa strada la luce di una casupola Coperta di neve del tramonto. Boschi meravigliosi si accatastano sui vetri Slitte incantate suonano in giro. Sulla minuscola soffitta tubano colombi, tubano dal mio volto. Sotto il ghiaccio rigato da splendenti cristalli si dimena l’Irtys appena percepibile. Sotto cupole silenziose Fiorisce un mondo – un bambino di sette anni. Nella buia ma luminosa cascina Della mia infanzia coperta di neve in Siberia Crescono dalle iridi degli occhi - boccioli Boccioli di argento vivo senza fine. Nei dimenticati angoli pallidi soffia la luna il suo splendore. Bianco come la luna è il babbo, silenzio della neve – sulle sue mani. Taglia il pane nero con un pulito Coltello pieno di pietà. Il viso blu E con nuovi pensieri tagliati intingo nel sale il pane del padre. Coltelli. Babbo. Brace incandescente. Infanzia. Bambino. Un’ombra toglie Il violino dal muro. E din-din sottili Suoni di neve cadono sulla mia testa. Silenzio. Il babbo suona, e i suoni – Incisi nell’aria come il gelo Argentei staccati dal respiro blu Sopra la neve invetriata dalla luna. Attraverso una lastra coperta di arabeschi di ghiaccio Un lupo s’infila verso la carne della musica. Calma. Nella nostra piccionaia un pulcino di colombo Sguscia da un uovo, pik pik. “Dimmi, dove finisce il mondo, oh babbo?!” Come un filosofo esigo la risposta. La risposta è immediata: “Dietro quella baita Sulla cima della montagna, là dove tramonta il sole”. Veramente, proprio così? Se è così – non pensare, correre là sulla cima! E io corro Incontro il calar del sole! E io corro di sopra, attraverso una rete argentea di lacrime, dove finisce il mondo, su per la montagna. Al dio della Siberia gli occhi chiedono cosa significa, Che la mia preoccupazione non sia vana. Tutti gli anni fino a noi, milioni di anni, si tolgono dalla neve: Benvenuto. Dietro di me – un puntino, un babbo. Il cuore, incontro al sole, a galoppo. Eccomi, sono di sopra alla baita! Solo la tensione allenta, non diminuisce. Le mie labbra sono attratte dal fuoco Che illumina la parte più profonda. Babbo caro, il mondo si trascina in avanti, non c’è fine – non c’è, niente, niente. Il babbo non sente, cadono stelle verdi. Il babbo non vede, che dalla chiara pelle Divento da un ragazzino – una lavina, fatta di luce e meraviglia. Verso il padre Babbo, dopo la slitta con la tua cassa Corso dietro a te sono io per Rincorrere da qualche parte i tuoi ricordi Con una colomba nel petto, bianca come la neve. Quando un deficiente con il cuore debole ti ha squartato una nuova cascina, E presto ti ha inghiottito un abisso Dove brilli sotto il ghiaccio fino a oggi – Ho voluto caderci dentro io! Solo la mia colomba allora se n’è volata via, il sole della sera incoronato di oro bianco mi ha tirato su verso la vita… |