Alois Brunner, il braccio operativo della Shoah

"Free Ebrei", V, 1, gennaio 2017

Alois Brunner, il braccio operativo della Shoah dall’Europa Nazista alla macchina della morte siriana contro i dissidenti di Assad

 

di Alessandro Matta

Abstract

Alessandro Matta tells the story of Alois Brunner (1912-2001), who was one of the most important responsible of the Nazist "final solution of the Jewish question".

 

Damasco, 18 maggio 1965: davanti a una folla incredibile e festosa, si sta per svolgere una esecuzione pubblica esemplare. Molte le domande a livello internazionale giunte da tutto il mondo per impedire questa messa a morte, dal Vaticano alla Francia, dal Canada al Belgio, fino a Israele, paese di residenza del condannato, il quale ha fin dal principio cercato di impedire la messa a morte di un suo cittadino domandando invano alle autorità siriane uno scambio tra questa persona e agenti dei servizi segreti arabi arrestati in territorio Israeliano.

Quell’uomo, una spia Israeliana che è riuscita a rivelare quanto i siriani stavano per commettere sia a livello di attentati contro i civili israeliani, sia nelle guerre contro lo Stato di Israele (le informazioni da lui fornite saranno poi molto utili per la vittoria nella Guerra dei Sei Giorni) , nonché addirittura riuscendo a farsi passare per un importante uomo d’affari siriano simpatizzante del partito Panarabo Bamith fino ad arrivare a essere il numero tre del regime, ha dato uno smacco troppo grande alla Siria, e deve morire .

Il suo nome è Eli Cohen. Quel giorno, nel piazzale delle esecuzioni, la folla è immensa, e sono presenti addirittura le telecamere delle tv siriane per filmare in diretta l’avvenimento di una Spia Israeliana che viene impiccata dal regime.

Tra il pubblico festante c’è anche un uomo di mezza età non siriano, ma Austriaco. Si chiama Alois Brunner. È nato a Rohrbrunn nel 1910. Si trova in Siria perché qui ha iniziato una latitanza lunga ormai 11 anni, e qui a Damasco, dopo un breve periodo passato in Egitto, ha trovato subito lavoro come consulente dei regimi che in Siria si stanno in quegli anni succedendo uno dopo l’altro. Nell’ultimo anno, a prendere il comando è nominalmente il Sunnita Amin Al-Hafiz, ma in pratica il potere sta tutto nelle mani di un gruppo di giovani del Ba’th cui fa parte anche il futuro dittatore Alauita Hafiz al-Assad, già molto amico di Brunner. Un’amicizia di cui Hafiz terrà conto alcuni anni dopo, quando nel 1970 a suon di colpi di stato ed epurazioni interne durissime, assumerà tutto il potere, prendendo con sé tra i suoi uomini chiave proprio il signor Brunner, sempre come  esperto di tecniche di tortura per dissidenti.

Brunner sicuramente sorride vedendo il povero Eli Cohen impiccato in una gogna pubblica degna del peggior circo populista e antisemita panarabo. Ancora di più è soddisfatto nel vedere un Ebreo messo alla forca. Già, un ebreo …

Perché gli ebrei, pensa Alois Brunner, meritano tutti di morire, tutti.  E se lui potesse tornare indietro, rifarebbe tutto quanto daccapo …

Perché Alois Brunner ha già ucciso molti ebrei. Ben 130.000, precisamente. Tra Austria, Germania, Macedonia, Grecia, Francia, Italia e Slovacchia, ha dimostrato, tra il 1938 e il 1945, di essere un assassino seriale e un genocida degno della stima del burocrate numero uno della Shoah: Adolf Eichmann. Eichmann ha avuto, durante gli anni dello sterminio nazista, in Brunner il suo “fido dei fidi”, pronto ad arrivare e scatenare l’inferno laddove Eichmann con la semplice burocrazia non riusciva a fare molto.

Eichmann una mente, Brunner un braccio. E quale braccio…

Già a partire dal 1938, questo baldo giovanotto Viennese di nome Brunner Alois si fa vedere come il più zelante degli organizzatori dei procedimenti di “emigrazione” degli ebrei, dapprima gestendo la loro emigrazione da Vienna verso l’estero, ma poi, a partire dall’autunno 1938, quando con la conferenza di Evian ogni stato ancora libero dichiara che “la sua barca è piena” e non accoglierà più ebrei in fuga dai nazisti, e l’emigrazione consigliata diviene una espulsione verso Est obbligata, eccolo organizzare i primi convogli di ebrei verso la Polonia, dapprima verso Nisko,  e poi, quando il Piano Nisko fallisce, verso i primi ghetti nazisti a Est. Agisce con professionalità, con zelo, con ritmo frenetico. Tutti gli ebrei di Vienna lo temono perché sanno che il suo nome vuol dire ritrovarsi da un giorno all’altro in luoghi come: Nisko, Riga, Łódź, Kaunas, Izbica … poi, a partire dal 1942, anche in  luoghi come: Auschwitz-Birkenau, Sobibor e Theresienstadt, mentre tutti i nazisti più violentemente antisemiti lo adorano e lo venerano come esempio di grande professionalità.

Nel 1942, quando sono chiare ad Adolf Eichmann, responsabile del Settore IV-B4 della Gestapo, le difficoltà nel riuscire a fare la stessa cosa con gli ebrei della capitale del Reich, di dubbi non ve ne sono: c’è da mandare un po’ a Berlino Alois Brunner, e vediamo se le deportazioni non iniziano ad avviarsi come si deve …

E a Berlino ecco arrivare il capitano Brunner, e in tutta la residua comunità ebraica il regime di terrore è immediatamente avanzato di livello. Nuove procedure di tipo normativo contro gli ebrei di Berlino: tutti gli ebrei che si trovano nei locali della comunità devono alzarsi in piedi quando entrava una persona “di sangue tedesco” e restare ad almeno due passi di distanza. Inoltre, tutti i vari centri di raccolta dove gli ebrei rastrellati sono soggiornati in attesa della deportazione una volta arrestati, vengono “allargati” tramite la requisizione di tutti i mobili e soprattutto delle cucine che fornivano a costoro dei pasti e delle bevande durante l’attesa dei trasporti che poteva durare anche giorni e giorni, senza contare l’istituzione di un corpo di polizia ebraica per aiutare la Gestapo nelle retate. Nel novembre 1942 il presidente della Comunità Henschel riceve l’ordine di implementare una squadra di ben 90 persone per i rastrellamenti. Inoltre, i rastrellamenti possono avvenire anche all’improvviso, per strada, con la semplice individuazione di persone con addosso la stella di david cucita sugli abiti. Solo chi fa parte dello staff delle comunità ebraiche viene inizialmente risparmiato dalle retate tramite l’esibizione di un apposito certificato frutto della perversa mente organizzatrice di Brunner, ma anche loro a fasi alterne subiscono la deportazione.

Tutto questo meccanismo fa sì che tutto funzioni, e il merito è tutto di Brunner. Senza di lui sarebbero ancora imperversati i problemi nelle deportazioni. Eichmann si rende conto, per la prima volta, di avere un uomo di fiducia da chiamare laddove in difficoltà. E sarà durante il processo Eichmann, davanti alle testimonianze della Signora Henschel, moglie dell’ultimo presidente della comunità ebraica di Berlino, a venire fuori questo ruolo incredibile del criminale nazista Brunner.

Dopo Vienna e Berlino è il turno della Grecia, e anche qui ancora una volta un Brunner che viene in aiuto a eliminare ebrei laddove vi è difficoltà nell’organizzare materialmente la cosa. A farne le spese sono gli ebrei di Salonicco, una città Greca che contava la più grande comunità ebraica dei Balcani, una comunità che annoverava migliaia e migliaia di membri, in una città dove addirittura il porto fino al 1943 “chiudeva nel giorno di sabato” per consentire a molti dei suoi addetti e scaricatori (moltissimi dei quali membri della comunità ebraica) di riposare con le loro famiglie.

Brunner è l’assassino di questa comunità. E se ne rende responsabile quasi “mettendosi in mezzo” e creando una sovrapposizione delle competenze che sembrerebbe quasi comica, se non fosse che ciò di cui si parla ha a che fare con il deportare in Polonia verso la morte migliaia di persone. Inizialmente, infatti, è Wisliceny, un altro membro dell’ufficio di Eichmann, a essere incaricato della “evacuazione in Polonia” degli ebrei della città Greca. Ma quando Wisliceny, nel marzo 1943, commette il grosso errore di telegrafare ad Eichmann la sua insoddisfazione per un’epidemia da poco scoppiata nel ghetto nazista della città istituito dalle autorità tedesche di occupazione, e quindi di un’evidente impossibilità di procedere alle deportazioni almeno in una fase immediata, ecco che Eichmann, consapevole dell’avvenuto trasferimento da poche settimane di Brunner a Salonicco, telegrafa la risposta non a Wisliceny, ma a quest’ultimo, ordinando che le deportazioni in Polonia inizino immediatamente anche con una epidemia di tifo in pieno corso.

E Brunner si mette zelante al lavoro. 19 trasporti dal 20 marzo 1943 al 18 agosto dello stesso anno dalla stazione di Baron Hirsch a Salonicco alla Judenrampe di Birkenau. Una comunità ebraica di 50.000 persone, una delle comunità dell’ebraismo sefardita più ricche a livello culturale e di tradizioni,  distrutta per sempre. Oggi a Salonicco vi sono poco meno di 5.000 ebrei. Tra i trasporti partiti nel mese di marzo, ve ne è uno un po’ particolare . Viene fatto in normali carrozze passeggeri e non in carri merci, ma raggiunge direttamente il centro di sterminio di Treblinka. A bordo vi sono 11.500 ebrei bulgari. Sono gli ebrei di Macedonia, Tracia e Dobrugia, le zone bulgare annesse al territorio del Reich, e fatti deportare immediatamente dai nazisti verso la morte. Nello stesso periodo gli altri 50000 ebrei della Bulgaria non annessa al Reich sono invece salvati e protetti dal regime nazionalista e dal re bulgaro. Eichmann non riesce a fare deportare gli ebrei di tutta la Bulgaria nazionalista e “satellite” del Reich, ma, quasi per una sorta di vendetta, ordina che si proceda quanto prima per le migliaia delle zone annesse, dove il regno bulgaro non può avanzare pretese, e manda Brunner ad  occuparsene, chi meglio di lui! La destinazione è però Treblinka, il centro di sterminio, non un luogo “misto” di sterminio e concentramento come Birkenau. Da Treblinka non c’è via di salvezza. Si passa dal treno direttamente alle camere a gas. In poche ore dall’arrivo, l’ebraismo Macedone è spazzato via, così come lo sarà tutto l’ebraismo di Salonicco nei crematori di Birkenau.

Dopo la Grecia , la Francia. Qui Brunner è addirittura promosso a responsabile di un luogo della detenzione nazista. Si tratta del campo di transito di Drancy, alle porte di Parigi. Dal giugno 1943 è Brunner a comandare questa porta di comunicazione dell’ebraismo francese verso i luoghi della morte della Polonia. E qui in Francia, oltre a stabilire un regime di terrore in tutto il campo di transito di Drancy, introducendovi regolamenti e punizioni del tutto similari a quelle dei campi di concentramento siti sul territorio del Reich, torna nuovamente a fare “l’aiuto” laddove non si riesca ancora a far deportare gli ebrei. È lui, con il suo staff di assassini e rastrellatori, a essere pronto alla retata alle porte di Nizza nelle ore successive all’8 settembre 1943, quando l’esercito italiano lascia la città occupata a partire dal novembre 1942 e dove molti ebrei avevano trovato rifugio per via del rifiuto italiano di consegnare gli ebrei ai nazisti (per non apparire come succube degli ordini dei nazisti che erano dei semplici alleati). Ed è sempre lui a spingersi fino all’Italia per “riprendere” sotto la sua autorità alcuni degli ebrei francesi scappati oltre il confine italiano nelle ore successive all’armistizio dell’8 settembre, facendoli deportare da Borgo San Dalmazzo al campo di transito di Drancy e da lì ad Auschwitz-Birkenau. (In quelle stesse ore è già attivo in Italia il suo collega Dannecker, già responsabile della retata del Vel D’Hiv, che procede a rastrellare gli ebrei da Roma a Genova, da Firenze fino a Bologna e a Milano). Ma Brunner si spinge anche oltre. Nel luglio 1944 approfitta del caos che segue allo sbarco in Normandia degli Alleati per fare arrestare i bambini ebrei francesi nelle case di accoglienza dell’Ugif, organizzando un ultimo grande convoglio per Auschwitz il 31 luglio 1944. Un uragano d’addio? No, perché c’è ancora uno Stato che conoscerà la furia genocida di quest’uomo: la.

Tra settembre 1944 e marzo 1945, a seguito della grande rivolta antifascista slovacca e della occupazione del paese da parte dei nazisti, è nuovamente ad Alois Brunner che Eichmann affida il compito di deportare la comunità ebraica residua del paese, dopo le deportazioni del marzo-settembre 1942  interrotte a causa delle proteste di alcune autorità locali e del deficit finanziario in cui era piombato lo stato slovacco che pagava 500 marchi ogni ebreo deportato.

E Brunner si scatena nuovamente. Come già fatto con Drancy, stabilisce nel campo di transito di Sered, alle porte di Bratislava, un regime di terrore similare a quello dei KZ del Reich, e fa deportare migliaia di ebrei slovacchi a Auschwitz e in altri campi, finendo per decimare l’ebraismo slovacco.

Nella primavera del 1945 viene visto per l’ultima volta all’interno del ghetto di Terezin, alle porte di Praga. Un luogo ambiguo. Il ghetto usato dalla propaganda nazista per convincere il mondo intero del fatto che non c’è alcun genocidio in corso, e che anzi, Hitler ha addirittura regalato una città agli ebrei.

Il momento e il luogo, secondo me non sono casuali. Sappiamo oggi da numerose testimonianze che a Terezin in quel periodo è in preparazione una liquidazione totale del ghetto, non solo per gli ebrei ancora rimasti in quel luogo, ma anche per molti ebrei che saranno trasferiti a Terezin da altri campi. Lo scopo è fare una enorme carneficina finale, lasciando meno testimoni possibili del genocidio.

Grazie al coraggio di persone come l’ultimo presidente dello Judenrat di Terezin, Benjamin Mulmerstein, i piani nazisti non vanno in porto. Il ghetto rimane. Ma Brunner scompare.

Dopo la guerra, quando durante il processo Eichmann viene ben fuori ogni compito del braccio destro Alois Brunner, quest’ultimo è un fantasma, e nessuno sa dove si trova.

 

Nel 1954 un tribunale permanente delle forze armate ha già per ben due volte condannato a morte Brunner in contumacia per quanto accaduto a Marsiglia e nel campo di transito di Drancy.

Si è tentato anche in Slovacchia, nel 1946, di fare giustizia. Ma Brunner ha furbamente approfittato di una omonimia per generare confusione. Quando le autorità Slovacche nel 1946 tentano di mettere in piedi un processo, si sentono dire che a Vienna il Brunner della Gestapo è già stato processato e condannato a morte. In realtà è Anton Brunner, un collega di Alois.

Brunner sa di essere un fantasma, in quella giornata del 1965 a Damasco, e sa di essere protetto Dai regimi panarabi e nazionalisti che lo proteggono. È vero, nel 1961, a causa del suo collaborare coi ribelli algerini contro il colonialismo francese, ha ricevuto dai servizi segreti francesi un pacco bomba. Questo pacco è esploso in un ufficio postale di Damasco provocando numerosi morti, ma lui è ancora tutto intero.

Nel 1977, nel pieno delle loro battaglie contro i criminali nazisti, due straordinari personaggi, i coniugi Serge e Beate Klarsfeld, rintracciano Brunner in Siria .

Tramite investigatori privati, vengono a conoscenza del suo indirizzo di Damasco e del suo numero di telefono, e quando la signora Beate telefona a quel numero, le risponde un uomo che parla tedesco; si finge una simpatizzante nazista austriaca che gli raccomanda di fare attenzione in quanto l’interpol si è messa sulle sue tracce, e si sente riempire di benedizioni e ringraziamenti da Brunner in persona!

Brunner, rintracciato, tuttavia è protetto dal regime di Hafiz al-Assad, per il quale tuttora in quell’anno lavora come consulente in tecniche di tortura per i dissidenti. Ha importato numerosi strumenti di tortura, come la famigerata “sedia tedesca” e altri … vive scortato continuamente da soldati del regime e la sua abitazione è protetta.

Tutti ne chiedono, dal 1980 sino alla fine degli anni ’90, l’estradizione: dalla Francia alla Germania Ovest, dall’Austria agli USA. Ma la Siria non ha orecchie per sentire. Anzi, nega addirittura che Brunner sia sul suo territorio, e spavaldamente, manda risposte come “non ci sono criminali nazisti in Siria, i criminali nazisti sono tutti in Israele dove ogni giorno si ammazzano i Palestinesi”.

Ma Brunner è proprio lì … e nel 1980 riceve addirittura un altro pacco bomba, questa volta da parte dei servizi segreti israeliani, e questa volta gli scoppia tra le mani, perdendo un occhio e alcune dita.

Ma il criminale è spavaldo, e a parole, torna sulla scena del delitto, rilasciando ad alcune testate giornalistiche a metà anni ’80 delle interviste allucinanti, dove si dichiara ben contento di quanto fatto, e che gli ebrei non solo meritano di morire, ma che se potesse rifarebbe tutto quello che ha fatto.

Sa di essere protetto, sa che il regime non lo può lasciare andare, perché perderebbe l’uomo chiave nelle tecniche di repressione alla dissidenza.

Brunner resta in Siria, nonostante varie richieste di estradizione mai esaudite e una ulteriore condanna all’ergastolo in contumacia nel 2001 a Parigi, e vive dapprima a Damasco centro in Rue Haddad 7, poi poco fuori dalla capitale fino alla sua morte nel 2010. Il regime nega la sua presenza e, oggi nella persona del figlio di Assad, Bachar, prosegue a reprimere i dissidenti e i civili con le tecniche ereditate da Brunner. Di recente, il giornalista di Rai News24 Riccardo Cristiano ha avuto comunicazione dal suo collaboratore e inviato in Siria George Malbrunot della avvenuta probabile localizzazione della tomba di Brunner in un cimitero di Damasco. Purtroppo, la difficoltà nello scattare fotografie e soprattutto nell’inviare immagini di questo tipo fuori dai confini Siriani per il rischio di venire arrestati o di subire violente repressioni dal regime di Assad figlio e anche per le difficoltà dovute all’ultimo conflitto tuttora in corso contro l’organizzazione Terrorista Islamista dell’Isis, impediscono di avere una conferma assoluta.

Un criminale nazista dalla macchina della morte nazifascista alla macchina della morte del regime siriano, in una continuità nell’uccidere e nel reprimere tra passato e presente.

Una giustizia mai avuta, e spesso negata. Soprattutto da chi oggi dipinge quello di Assad come il governo di un liberatore dall’Isis, nascondendo invece che dietro il camuffamento della lotta all’Isis vi è una terribile repressione in corso.

 

 

Casella di testo

Citazione:

Alessandro Matta, Alois Brunner, il braccio operativo della Shoah, "Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea", VI, 1, gennaio 2017

url: http://www.freeebrei.com/anno-vi-numero-1-gennaio-giugno-2017/alois-brunner-il-braccio-operativo-della-shoah